Ho lasciato Roma nel tardo 2005 pensando che il mio soggiorno all’estero si sarebbe limitato a un periodo di studio dopo il quale poter infine tornare in patria con qualcosa in più nel cosiddetto bagaglio culturale e soprattutto da aggiungere nel CV. Non che le qualifiche e conoscenze mancassero; una laurea in Filosofia, quattro lingue all’attivo, già diversi anni vissuti all’estero. Tutte competenze promettenti ma che negli ambienti di lavoro italiani vengono sempre più sminuite di fronte ai cosidetti profili con consolidata esperienza.

Ma siccome la stessa esperienza lavorativa, o almeno quell’esperienza capace di darti un concreto apprendimento e sviluppo professionale, sembrava difficile da guadagnarsi senza arenarsi tra uno stage e l’altro con ben poche prospettive di integrazione (e reale stipendio), all’epoca dissi semplicemente “no, grazie” e cercai una strada altrove.

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Capitai qui in Inghilterra un pò per scelta e un pò per caso. Innanzitutto, perché il sistema universitario inglese risulta molto accessibile (almeno per noi Europei). La lingua inglese, d’altra parte, é una conoscenza indiscutibilmente utile e che vale la pena approfondire e portare a un buon livello per poterla realmente impiegare professionalmente. Infine, la vicinanza del paese e buona connessione di voli low cost per l’Inghilterra mi diedero l’impressione di rimanere, tuttosommato, vicina a casa.

lavoro a londra

Devo essere sincera, il primo impatto non fu molto buono. In realtà a pensarci bene le stesse cose che non mi piacquero inizialmente continuano a non piacermi tuttora: il clima imprevedibile a lungo andare destabilizza, perfino emotivamente. Le giornate piovose sono chiaramente di norma e l’eccezione di una giornata di sole provoca un entusiasmo nelle persone che ha qualcosa di bizzarro per chi, in fondo, é legato alla stabilità del tempo mediterraneo.

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Il cibo e i generi alimentari sul mercato mettono a dura prova le abitudini italiane. Pur non essendo mai stata particolarmente fissata con l’alimentazione e la qualità dei prodotti, mi sono trovata ben presto a schivare con cura l’onnipresente cibo-spazzatura e a spendere spesso quel tantino in più per guadagnarne di salute.

Infine, la componente umana rimane a volte ostica. Conoscere persone e immergersi in contesti sociali nuovi è certamente facile. Costruire rapporti un pò più solidi ed edificanti sul lungo termine non avviene in maniera altrettanto naturale. Londra può essere una città consumistica anche negli affetti.

Questi indicatori della qualità di vita potrebbero lasciar pensare a un verdetto negativo. Viste queste premesse sembra infatti che non ci siano molti motivi per godersi la vita qui..ma vediamo i pro!

Senza dubbio, il lavoro è uno dei motivi principali della mia permanenza qui. Lavoro nel settore del marketing digitale, in una delle agenzie leader di Londra e in quasi 3 anni di professione ho fatto un percorso che difficilmente avrei potuto conquistarmi in Italia. L’ambiente è dinamico e informale, pur potendo confrontarmi con situazioni e obiettivi impegnativi e stimolanti. Il lavoro quotidiano non manca e i ritmi sono certamente serrati, ma il tutto dentro un inquadramento professionale regolarizzato e con altri benefits collaterali come la flessibilità di orario e il lavoro a distanza, concetti ancora lontani dalla norma italiana.

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Tuttavia, più che fare un discorso in termini di paragone dei vantaggi oggettivi che il mio profilo professionale implica qui rispetto all’Italia, mi sento di fare un bilancio un pò più profondo, pensando soprattutto al suo impatto sul mio modo di essere e vedere la vita.

In fondo, questo è certamente il frutto di qualsiasi esperienza all’estero, ma penso che il vero vantaggio del mio lavoro a Londra sia stato quello di aver portato un cambiamento reale sulla mia mentalità e il modo di vedere le prospettive del futuro che sfortunatamente per molti giovani in Italia è ancora segnato dal malfunzionamento del sistema e da una contingenza economica tuttora deteriorata.

Si tratta molto semplicemente della naturale speranza di raggiungere un qualsiasi obiettivo senza che questo sia necessariamente il frutto della buona sorte, del momento o dell’aiutino di qualcuno. Questa è una disposizione che trovo sempre più raramente nelle persone con cui parlo in Italia, e che in fondo anch’io condividevo. Ritrovare questo tipo di spirito, seppur dovendo affrontare numerosi ostacoli e difficoltà per poter raggiungere il proprio scopo, è stato forse il vantaggio più grande che continuo ad augurare a tutti gli Italiani neo-immigrati che incontro qui a Londra e a chi qui mi legge.

Valeria

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