Alessia: mi sono innamorata del Kenya a 7 anni
A cura di Maricla Pannocchia
La prima volta in cui ha messo piede in Kenya, Alessia, originaria di Roma, aveva appena 7 anni eppure ricorda chiaramente come, appena scesa dall’aereo e, poi, scoprendo le meraviglie del Paese, ne sia rimasta conquistata. Dopo una carriera nell’aviazione ed essersi re-inventata come istruttrice di sala pesi e personal trainer, Alessia, insieme con il suo compagno, sta per intraprendere un’altra avventura lavorativa, la gestione di una guest-house nel suo amato Kenya.
“Quando ho detto del trasferimento alla mia famiglia, hanno pensato che fosse uno scherzo” racconta la donna, “Poi, hanno capito. Vivere qui ha molti pregi, come l’avere un’estate praticamente perenne e il fatto che, nonostante il costo della vita sia aumentato anche qui, per un italiano che ha un’entrata mensile di almeno 1.000 Euro, è possibile vivere senza farsi mancare niente.”
La situazione è diversa per la maggior parte della gente del posto, i cui stipendi medi si aggirano intorno ai 100 dollari il mese. “Per questo, direi che è praticamente impossibile, per un italiano, farsi assumere come dipendente e mantenersi con quel lavoro”, racconta Alessia, “Anche perché, com’è giusto che sia, i vari resorts, bar, ristoranti ecc. assumono la gente del posto. Lavorare qui significa investire e avviare una propria attività.”
Per i progetti futuri, Alessia ha in mente d’investire anche nel settore safari, “al momento ci limitiamo a organizzarli appoggiandoci ad altre persone ma, un domani, ci piacerebbe occuparcene direttamente.”
Ciao Alessia, raccontaci qualcosa su di te. Chi sei, da dove vieni…
Jambo! Habari gani? !Ciao! Come state?!
Mi chiamo Alessia Buggini, ho 49 anni e sono nata a Roma. Sono diplomata in lingue, parlo inglese e francese e ora mi sto accingendo a studiare anche lo Swahili, che è la lingua che si parla in Kenya, Paese in cui mi sto trasferendo.
Terminati gli studi, ho fatto domanda come assistente di volo per l’Eurofly che, all’epoca, era una compagnia italiana che si occupava di voli charter e ho avuto la fortuna di essere assunta a tempo determinato con base a Milano e, così, il mio sogno di viaggiare si è tramutato in realtà. Ho visto posti bellissimi come Messico, Santo Domingo, Cuba, Tanzania, Kenya, Guadalupe, Thailandia e Maldive.
Dopo quell’esperienza, cercavo qualcosa di più stabile, così ho fatto domanda alla nostra compagnia di bandiera, Alitalia, e sono tornata a vivere a Roma nel senso lato del termine visto che, per i 15 anni successivi, non ho fatto altro che viaggiare per lavoro unendo il dovere al piacere di visitare centinaia di posti bellissimi.
Purtroppo, con il fallimento dell’Alitalia nel 2007, sono stata messa in cassa integrazione per 7 lunghi anni e, arrivata a 43 anni, ho dovuto fare una scelta drastica, ovvero cercare un nuovo lavoro. Appassionata da sempre di sport mi sono letteralmente reinventata e, da circa 10 anni, mi occupo di fitness. Sono un’istruttrice di sala pesi e personal trainer.
Quando e perché hai deciso di lasciare l Italia?
Da un paio d’anni il mio compagno ed io parliamo di cambiare radicalmente vita. Siamo stanchi dello stress, di stare tutto il giorno in mezzo al traffico di Roma e di dover lavorare per “sopravvivere”, visto che, in Italia, oramai gli stipendi sono bloccati da più di 30 anni mentre il costo della vita nel frattempo è quantomeno triplicato. Durante la nostra ultima vacanza in Kenya, che risale a un anno fa, abbiamo deciso di acquistare un terreno vicino al mare a Watamu e farci costruire una villa con un bungalow che non solo fungesse da casa ma anche da guest-house per iniziare una nuova attività lavorativa.
Sei andata per la prima volta in Kenya quando eri bambina. Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza?
Nel 1981, quando avevo solo 7anni, i miei genitori mi portarono in Kenya. Appena atterrai a Mombasa, scendendo dall’aereo, sentii subito una strana sensazione pervadermi. M’innamorai immediatamente del Paese.
Quel bellissimo mare con le sue mille sfumature, il paesaggio, le case di fango lungo la strada che avevo visto solo nei documentari, la vegetazione, la spettacolare fauna terrestre e marina, la gente del posto così umile e sempre con il sorriso, quei bimbi con quegli occhioni che mi guardavano e volevano giocare con me in spiaggia, quella frutta profumata e saporita che in Italia non avevo mai né visto né mangiato… Avrete sicuramente sentito parlare del “Mal d’Africa”, ebbene sì, una volta che ti entra dentro, non ti lascia più.
Come hanno reagito parenti, amici e conoscenti davanti alla tua scelta?
Quando il mio compagno ed io siamo rientrati da quella vacanza, ho detto tutto ai miei genitori e a mio fratello che, lì per lì, hanno pensato a uno scherzo. Quando, invece, hanno capito che era tutto vero, si sono preoccupati e mi hanno chiesto se eravamo sicuri di quello che stavamo facendo. Hanno impiegato un po’ di tempo per elaborare la nostra decisione ma, alla fine, hanno capito.
Gli amici sono contentissimi per noi. Molti non vedono l’ora di venire a trovarci. Alcuni già si stanno organizzando per venire l’anno prossimo.
Cosa bisogna avere, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?
Dal punto di vista burocratico bisogna avere innanzitutto il Pin Number, che è paragonabile al nostro codice fiscale, con il quale è possibile fare tutto (pagare le bollette, aprire un conto bancario, richiedere i permessi vari ecc.). Naturalmente, bisogna avere anche il permesso di soggiorno e di lavoro.
Come ti stai organizzando prima della partenza?
Ci siamo sbarazzati di tutto quello che avevamo qui. Ho venduto casa, macchina e tutti i beni materiali che ci legavano all’ Italia. Neanche a dirlo, abbiamo una decina di valigie pronte per il trasferimento
Quali difficoltà hai dovuto affrontare per realizzare questo sogno?
Diciamo che le difficoltà sono per lo più dal punto di vista dei tempi per concretizzare il tutto. In Kenya il detto spesso utilizzato è “pole pole” cioè “piano piano”. Lì tutto va a rilento e, se qui in Italia, per fare una cosa, ci vuole qualche giorno, in Kenya ci vuole qualche settimana… Per il resto, nessuna difficoltà in particolare, per fortuna.
Che consigli daresti a un italiano che vorrebbe aprire qualcosa di simile lì?
Innanzitutto, gli direi di essere sicuro del passo che sta compiendo visto che si tratta di un cambio di vita radicale e poi di munirsi di tanta pazienza perché loro sono molto lenti in tutto e, per chi viene dalla vita frenetica che facciamo qui in Italia, la differenza può essere traumatizzante.
Come ti stai muovendo per far conoscere la tua struttura ai potenziali clienti?
Ho cominciato sfruttando il mio profilo personale su Facebook, che conta più di 11.000 followers, e i vari social come Instagram e Tik Tok poi, naturalmente, ho creato, sempre su Facebook, una pagina apposita dedicata alla guest house e, appena mi consegneranno casa e avrò provveduto ad arredare e a preparare il tutto, farò video e foto che utilizzerò anche per aprire un sito web. Per ultimo, ma non meno importante, almeno all’inizio, per farmi conoscere, mi appoggerò anche al famoso Airbnb.
Puoi dirci il costo di alcuni beni e servizi di uso comune?
Purtroppo Il costo della vita dopo il Covid-19 è quasi raddoppiato e il Kenya è pur sempre un Paese del “Terzo Mondo”, dove uno stipendio mensile medio di chi è nato qui si aggira tra i 60 e i 130 Euro.
La benzina oramai costa quasi quanto da noi e anche i prodotti importati hanno prezzi pari ai nostri, se non superiori. Per quanto riguarda i beni primari come, ad esempio, il cibo, diciamo che si risparmia solo su riso, farina, pesce e frutta esotica che, per noi italiani, hanno prezzi bassi rispetto a quelli che ci sono in Italia. Per il resto, come accennato, tutto ciò che è importato costa quanto da noi, se non di più. Un esempio pratico: una bottiglia da mezzo litro di olio qui costa quanto quella da un litro, stessa cosa il caffè e via discorrendo.
Possiamo dire che, naturalmente, un italiano che ha un’entrata fissa di almeno 1000 Euro il mese qui vive tranquillamente.
Come valuteresti i servizi come sanità, burocrazia e servizi pubblici?
Qui in Kenya funziona come in America, bisogna avere un’assicurazione sanitaria obbligatoria.
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Per quanto riguarda la burocrazia, torno a dire che tutto è molto lento e bisogna pazientare tanto per ottenere documenti e permessi vari. Invece, per quanto riguarda i mezzi pubblici, certo non è come da noi ma chi viene in vacanza o comunque vive qui ha a disposizione tuc tuc, piccoli bus e motorini locali che ti portano dove vuoi per pochi scellini (moneta locale). Un discorso a parte è per il taxi, che costa un po’ di più, ma, comunque, sempre poco per noi stranieri.
Quali sono i pro e i contro del vivere lì?
I pro sono moltissimi. Prima di tutto il Kenya, trovandosi nella fascia equatoriale, gode dell’ estate per 12 mesi l’ anno, per cui, addio maglioni e cappotti. Andiamo in giro sempre in infradito e con il costume da bagno indosso.
Ci sono, poi, il mare con i suoi mille colori, la fauna, la vegetazione lussureggiante, il cibo, la frutta esotica, la gente del posto sempre con il sorriso, la totale assenza di stress che, invece, contraddistingue i Paesi come l’Italia… cosa volere di più?
I contro? Beh, qui è normale che, a partire dai supermercati per finire con i negozi, non ci sia tutta la scelta che si può trovare in Paesi più sviluppati ma ci si adegua tranquillamente e poi, anche a livello sanitario, per problemi di salute seri bisogna tornare in Italia perché qui non gli ospedali non sono ancora ai nostri livelli. Un altro contro riguarda la corrente elettrica. In Kenya c’è una sola compagnia, la Kenya Power, e, spesso, quando c è un’alta affluenza di turisti, aumenta il bisogno di energia elettrica e, talvolta, questa compagnia non riesce a soddisfare tali richieste e capita di ritrovarsi senza corrente. Proprio per questo motivo, tutte le abitazioni private, le guest-house e i resorts hanno un generatore di corrente da utilizzare quando ci sono questi disservizi. Per quanto riguarda il gas, in Kenya si utilizzano solo le bombole, in quanto ancora non c è una rete di distribuzione come da noi.
Come ti sei mossa per cercare un alloggio?
Ci siamo rivolti a un italiano che ha un’agenzia immobiliare che ci ha portato a vedere dei terreni in vendita, poi, una volta acquistato il terreno, abbiamo parlato con 3 costruttori (due locali e uno di Roma che vive lì con la famiglia da diversi anni) e, alla fine, abbiamo scelto di affidarci a Simone.
Quali sono i prezzi medi e le zone in cui, secondo te, si può vivere spendendo il giusto?
Per quanto riguarda i prezzi, diciamo che, per noi stranieri, con i nostri stipendi o, comunque, introiti, possiamo vivere agiatamente senza farci mancare nulla e le zone più gettonate sono, naturalmente, quelle turistiche che affacciano sul mare come appunto Watamu, Malindi e Diani.
Con un’entrata di 1000 Euro mensili, ci possiamo tranquillamente permettere un affitto e di gestire le spese per mangiare e pagare luce, acqua e gas.
Come sei stata accolta dalla gente del posto?
La gente del posto è molto accogliente, soprattutto con noi italiani, perché, a differenza d’inglesi e tedeschi, siamo alla mano. Inoltre, siamo un importante punto di riferimento per quanto riguarda il lavoro in quanto dagli anni ’80 molti imprenditori italiani hanno investito e stanno tuttora investendo, soprattutto sulla costa, con l’apertura di resorts, bar, ristoranti, guest house e, per loro, questo significa essere assunti, lavorare e guadagnare.
Come descriveresti le loro vite?
Purtroppo la vita per chi è nato lì è tutt’altro che semplice. Dopo il Covid-19 tutto è aumentato e, calcolando che lo stipendio mensile medio di una persona del posto si aggira tra i 60 e 140 Euro, va da sé che è veramente dura andare avanti.
Chi verrà a trovarci potrà vedere con i propri occhi tantissimi bambini dai 5 anni in su, con le loro divise indosso, camminare lungo il ciglio della strada, magari scalzi, e andare diligentemente a scuola perché lo Stato tiene molto all’istruzione, che può dare una possibilità in più per trovare un futuro lavoro.
È vero che in Kenya, soprattutto nei luoghi turistici, la lingua italiana è molto parlata?
Assolutamente sì, in quanto è dagli anni Settanta/Ottanta che gli italiani visitano questi luoghi e li abitano, per cui, anche se le lingue ufficiali sono l’inglese e, naturalmente, lo Swahili, anche l’italiano è molto diffuso sulla costa, soprattutto a Malindi e Watamu.
Pensi che sia facile, per un italiano, trovare lavoro lì?
No, non lo è affatto. A meno che non si abbia una liquidità minima (80.000€) che dimostri al governo kenyota che si vuole aprire una propria attività, trovare lavoro come dipendente è pressoché impossibile in quanto i resorts , le guest House, i bar i e ristoranti, com’è normale che sia, danno lavoro alla gente del posto. Inoltre, gli stipendi di un cameriere o di una donna delle pulizie si aggirano intorno ai 100 Euro il mese. Per cui, se sei un italiano che vuole venire a lavorare qui, dovrai farlo come imprenditore avviando una tua attività, in qualunque ambito tu voglia. Considerate che, come ho già accennato, il salario minimo in Kenya è molto basso rispetto alla media europea, si passa da 50 Euro a 250 Euro mensili a seconda dell’area geografica, del tipo d’impiego e dell’azienda per cui una persona lavora. Ci sono tanti studenti non kenyoti che, ad esempio, decidono di fare un’esperienza qui anche tramite programmi che sono collegati direttamente con l’ateneo nel quale studiano.
Pensi che gli stipendi siano in linea con il costo della vita?
No. Il costo della vita è aumentato negli anni e gli stipendi medi si aggirano tra i 70 e i 130 € mensili. Va da sé che vivere in questa realtà è veramente dura per la gente locale. Molti di loro, infatti, vivono ancora in capanne fatte di fango, senza corrente elettrica e acqua potabile.
C’è una comunità italiana? Ne fai parte?
Sì, c’è una comunità italiana. Ci sono moltissimi italiani che vivono lì. Io ne ho conosciuti solo alcuni ma, naturalmente, quando mi trasferirò definitivamente in Kenya, avrò modo d’integrarmi con loro.
Che consigli daresti a chi vuole trasferirsi lì?
Innanzitutto, consiglio di sbrigare quanto prima tutta la documentazione necessaria. Secondo me è possibile trasferirsi sia da soli o in coppia sia con la famiglia. Superato lo scoglio burocratico, esistono asili, scuole, università e si riesce tranquillamente ad adattare il proprio stile di vita alle necessità di una famiglia.
Se invece decidi di trasferirti in Kenya per lavorare o per investire del denaro in un’attività, hai bisogno di chiedere il giusto permesso di lavoro (ne esistono diversi). In generale, tutti coloro a cui viene offerto un lavoro stabile in Kenya, hanno bisogno del permesso di lavoro Classe D.
Il Kenya è molto rigoroso per quanto riguarda il pagamento delle tasse, per cui il mio consiglio spassionato è quello di affidarsi a un bravo commercialista che tenga sotto controllo tutte le scadenze a cui dovrai ottemperare.
E quali a chi, invece, vorrebbe andarci in vacanza?
Se si vuole risparmiare consiglio vivamente la nostra guest -house, per diversi motivi. In primis si abbattono le percentuali che si prendono le agenzie che, di solito, si aggirano intorno a un buon 15/20%. Avendo, poi, un appartamento con cucina attrezzata, si ha la piena libertà di mangiare quando e come si desidera, senza gli orari prestabiliti dei resorts. Inoltre, la nostra presenza in loco vi sarà di supporto per ogni necessità.
Calcolando che verrete in un posto di mare lasciate a casa le cose superflue, le uniche cose di cui necessiterete sono costume da bagno, infradito,crema solare media e alta protezione, qualche maglietta, pantaloncini e un buon repellente per le zanzare, soprattutto se vorrete fare un safari.
Per il resto, godetevi la vacanza e scordatevi lo stress a casa!
Progetti futuri?
Un sogno nel cassetto è quello d’investire anche nell’ ambito della gestione dei safari che, al momento, ci limitiamo solo a organizzare avvalendoci del supporto di altre persone ma che, in futuro, vorremmo poter fare da soli. Come si dice, facciamo un passo alla volta. In fondo, stiamo parlando del Kenya per cui… pole pole (piano piano)!
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