Antonino, chef negli Emirati Arabi

Di Enza Petruzziello

La cucina è da sempre la sua passione. Forza, resilienza e tenacia sono le sue doti. Antonino Laudani è un executive chef che attualmente risiede e lavora a Ras al-Khaimah capitale dell’Emirato di Ra’s al-Khayma, negli Emirati Arabi Uniti.

Originario di Catania, cresce a Biancavilla un piccolo paesino siciliano, per poi spostarsi a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo dove inizia la sua avventura nella ristorazione. Qui ha modo di imparare i trucchi del mestiere e di capire a fondo l’arte culinaria.

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Nel 2015 decide di trasferirsi a Brazzaville, in Congo, per lavorare nel settore ristorativo e turistico. In Africa rimane 4 anni prima di partire per la Turchia e poi per la Spagna. Con l’arrivo del Covid resta bloccato in Portogallo, ma appena le cose migliorano va a lavorare in Inghilterra. Arriva negli Emirati Arabi nel 2021, più precisamente ad Ajman. Questa nuova realtà gli dà la possibilità di aggiornare la sua carriera e migliorare le sue conoscenze in cucina. Da quasi un anno lavora come chef in« un rinomato ristorante di Ras al-Khaimah

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Ha scelto di condividere il suo percorso con il nostro magazine così da inspirare altri futuri chef, ma anche perché come lui stesso dice: «Quando si parla di Emirati Arabi si fa molta confusione e non sono chiare molte cose, soprattutto per quanto riguarda la nostra professione. Voglio aiutare i giovani aspiranti chef che desiderano fare un’esperienza qui a imparare come muoversi, evitando errori e truffe». Ecco cos’altro ci ha raccontato.

Antonino Laudani

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Antonino, partiamo dal principio: come nasce in te la passione per la cucina? Quali sono stati i momenti o le persone chiave che ti hanno spinto a intraprendere la carriera di chef?

«La passione per la cucina è nata quando vidi per la prima volta uno chef preparare un risotto. Ricordo chiaramente questo chef con i baffi mentre mantecava un risotto al radicchio e gorgonzola. Quel momento mi colpì profondamente, ma ci sono state anche molte altre piccole cose che hanno alimentato il mio amore per la cucina. Tuttavia, devo ammettere che ci sono stati anche momenti in cui ho odiato questo lavoro, soprattutto a causa della paga misera e dei turni di lavoro massacranti. Per quanto riguarda le persone chiave che mi hanno spinto a intraprendere questa carriera, sicuramente c’è Alessandro, detto Santo, del mio primissimo ristorante. Lui ha creduto nel mio potenziale e mi ha permesso di lavorare nei fine settimana mentre frequentavo la scuola alberghiera, dandomi l’opportunità di imparare sia studiando che praticando in maniera seria. Un’altra figura importante è stato il mio primo chef, Giuseppe, detto Beppe o Peppe, che dir si voglia. Lui mi ha insegnato molte cose fondamentali: come valutare una materia prima, come conservarla e manipolarla correttamente. Più avanti nella mia carriera, ho incontrato Ivo, una persona che ha contribuito moltissimo alla mia crescita come chef. I confronti con lui sono stati spesso duri, poiché entrambi siamo persone molto testarde, ma queste esperienze mi hanno formato e reso più forte».

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Muovi i tuoi primi passi a Bergamo, ti va di raccontarci gli inizi della tua carriera, del tuo percorso sia lavorativo che di studi?

«Ho iniziato a Bergamo, all’istituto alberghiero di via Gleno. Come ho detto in precedenza muovo i miei primi passi lavorativamente parlando con Alessandro che mi fa lavorare nel suo ristorante durante il fine settimana, e tutte le festività, natalizie, pasquali, e chi più ne ha più ne metta».

Nel 2016 decidi di guardare oltre confine e trasferirti a Brazzaville, capitale del Congo, per aprire un ristorante. Come mai la scelta di lasciare l’Italia? Che cosa stavi cercando o al contrario da cosa volevi andare via?

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«Questa è davvero una domanda interessante. Mi sono trasferito a Brazzaville perché avevo delle connessioni lì; la madre della mia ex ragazza lavorava già in Congo e aveva un progetto per aprire una pizzeria. Così decisi di partire e tutto sembrava andare per il meglio fino a che non decido di cambiare lavoro e andare a lavorare in un hotel. Solo dopo questa esperienza riesco ad aprire il mio ristorante. Ho deciso di lasciare l’Italia perché non sopportavo il sistema italiano, specialmente per quanto riguarda tasse e lavoro. Ricordo un episodio in particolare: ero senza lavoro, ma avevo esperienza come aiuto cuoco. Decisi di provare a lavorare in una panineria che cercava un lavapiatti. Ero disposto a fare quel lavoro pur di guadagnare qualcosa, con la speranza di ottenere un ruolo migliore in futuro. Ma la proprietaria del locale, con un tono arrogante e fastidioso che ancora oggi mi risuona in testa, prese il mio curriculum e disse: ‘Vediamo se tu hai i requisiti’. Dopo quell’esperienza, iniziai a sentire l’impulso istintivo e prorompente di lasciare il paese e cercare la mia fortuna altrove».

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Hai vissuto in Congo per 3 anni, poi è stata la volta della Turchia e delle Isole Baleari. Che tipo di esperienze sono state e che ricordi ti hanno lasciato?

«L’esperienza in Congo è stata una delle più forti della mia vita, ho avuto molte difficoltà e sicuramente non è stato per niente facile affrontare certi momenti, ma tutto questo mi ha reso forte e resiliente, e mi ha dato la possibilità di tirare fuori gli “attributi”. Considera che in Congo non sono andato come vanno tutti gli espatriati con biglietto pagato in prima classe, villa inclusa, salario stellare. Ci sono andato con le mie gambe e con i miei soldi con il biglietto pagato da me e dalla mia famiglia che ha voluto supportare la mia idea. Bodrum e Paguera, invece, mi hanno insegnato tante cose. Qui sono riuscito a trovare molti spunti ed ispirazioni per la mia carriera futura».

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Arrivi negli Emirati Arabi nel 2021, più precisamente ad Ajman. Come mai la scelta di trasferirti proprio qui?

« Sono stato contattato da un caro amico che mi ha offerto l’opportunità di diventare chef, e per questo gli sarò sempre grato. Sebbene sia stato un periodo molto stressante, è stato anche estremamente formativo. Ho deciso di andare ad Ajman perché il ristorante si trovava lì, e sarei andato in capo al mondo pur di realizzare il mio sogno di diventare chef».

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Antonino Laudani

Gli Emirati Arabi sono conosciuti oltre che per la loro bellezza paesaggistica, anche per la loro ricchezza e per l’essere all’avanguardia in numerosi settori. Non a caso, negli ultimi anni, sempre più imprenditori italiani decidono di aprire o trasferire le loro imprese in uno di questi Paesi. Ma come è effettivamente vivere qui?

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«Gli Emirati Arabi Uniti sono uno dei pochi Paesi che utilizza le proprie risorse come fonte principale di guadagno per lo Stato, reinvestendo i profitti per migliorare ogni aspetto della vita. L’apparenza che vediamo sui social spesso ci trae in inganno. Le persone che mostrano il lato lussuoso degli Emirati sono prevalentemente turisti o individui che affittano il lusso per ostentare una ricchezza fittizia e promuovere i loro prodotti o servizi.

La vita qui è meno costosa rispetto all’Italia, soprattutto per quanto riguarda i costi delle case, sia per l’acquisto che per l’affitto. Ad esempio, con un milione di dollari si può acquistare tranquillamente un trilocale con vista sulla Dubai Marina, a due passi dal Burj Khalifa. A Bergamo, un appartamento simile in centro o in città alta costa il triplo e offre la metà dei servizi. La qualità della vita dipende molto dalla persona e dai suoi interessi, ma qui ci sono attrazioni e divertimenti per tutte le tasche, da una stanza al Burj Al Arab a 5000 dollari a notte a una stanza all’Ibis Hotel a 50 dollari a notte. Tutto funziona come dovrebbe e la sicurezza è di altissimo livello. Se perdi il telefono in un centro commerciale o per strada, è molto probabile che ti venga restituito. Certo, il crimine esiste ovunque, ma qui c’è un controllo maggiore e costante».

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Quali sono le principali differenze con l’Italia?

«Ci sono differenze abissali su tutti i fronti: sicurezza, sanità, burocrazia, tasse, salari».

Sei chef in un ristorante a Ras al-Khaimah capitale dell’Emirato di Ra’s al-Khayma. Come descriveresti il passaggio dalla scena culinaria europea a quella degli Emirati Arabi?

«Mi sono sempre adattato molto bene ai passaggi tra un Paese e l’altro, qui la cucina è vista in maniera diversa, è complesso abituare le persone a sapori particolari, ma questo è il mio scopo: riuscire a lavorare con la cucina ed i sapori mediterranei per adattarli a tutti i palati, anche i più difficili.

Parlaci della tua cucina, quali piatti proponi nel ristorante? I clienti apprezzano? C’è qualche piatto o ricetta della tua terra natale che porti sempre con te e che ti piace preparare, ovunque tu sia?

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« La mia cucina ha un’impronta creativa con forti influenze della cucina italiana e mediterranea. Prendo ispirazione dalle mie esperienze passate per creare le mie ricette e i miei piatti. Naturalmente, coinvolgo sempre il mio team e il mio titolare, facendo assaggiare i piatti fino a raggiungere un equilibrio perfetto. I clienti apprezzano molto i piatti semplici e bilanciati, senza troppi fronzoli o complicazioni inutili. Questo non significa che i piatti siano banali, anzi, devono essere semplici ma ben equilibrati, in modo da trasmettere emozioni al cliente. A me piace molto la cucina fine dining, lavorare in modo pulito e ordinato, con porzioni calibrate e ben presentate. Un piatto che porto sempre con me è il risotto ai frutti di mare. Ne sono innamorato. Il risotto è uno di quei piatti che sembrano facili, ma in realtà sono estremamente difficili da preparare senza commettere errori. Mi piace perché ogni volta rappresenta una sfida».

Tanti i giovani che come te decidono di partire e trovare fortuna all’estero. Quali opportunità possono trovare negli Emirati Arabi Uniti e che consigli daresti loro?

«Direi di mettersi subito alla ricerca di un lavoro soprattutto nelle grosse catene alberghiere e di accettare qualsiasi posizione e salario, tanto qui vitto e alloggio sono a carico delle compagnie, soprattutto se sono grandi compagnie, altrimenti non fidatevi dei piccoli ristorantini soprattutto se gestiti da locali, perché molto spesso non pagano in tempo e non mantengono tutte le promesse. Un sito sicuro sul quale cercare è CatererGlobal.com Una volta trovato quello che cercate partite immediatamente, e quando arrivate, lavorate senza troppi fronzoli e senza pensare alla pasta della mamma la domenica».

Ci sono degli errori comuni o truffe da cui stare attenti quando si decide di trasferirsi qui?

«Sì, è molto importante negoziare il salario e le condizioni di lavoro prima di trasferirsi. Assicuratevi di ricevere la lettera di offerta, il visto e il biglietto aereo in anticipo. Non accettate mezze misure o compromessi: il vostro tempo è prezioso. Una volta arrivati, fate attenzione alle telefonate che vi arrivano da persone che si fingono poliziotti. Solitamente, cercano di ottenere la foto della vostra carta bancaria e vi intimidiranno per farvela inviare. Non fatelo, chiudete la chiamata e denunciate l’accaduto alla polizia vera. Se la polizia ha qualcosa da chiedervi, vi convocheranno ufficialmente e non tramite messaggi o chiamate sospette. Purtroppo, queste truffe sono molto comuni qui».

Ormai sei lontano dall’Italia da anni. Come è cambiata la tua vita da quando vivi all’estero?

«Mi sento molto meglio e più sicuro di me».

Quali sono i tuoi progetti futuri sia a livello personale che professionale?

«Sicuramente quello di migliorarmi giorno dopo giorno e, un domani, avere un ristorante mio a Dubai. Attualmente, il mio principale obiettivo è portare ‘Il Piuma’, il ristorante dove lavoro, ai massimi livelli. Non voglio fare troppe previsioni perché sono un po’ scaramantico su queste cose, ma punto sempre in alto».

Per contattare Antonino ecco i suoi recapiti:

Mail: laudani.anto@gmail.com

Instagram: Laudani.Anto