Gli italiani a Berlino raccontano la città
Berlino è ormai considerata la più cool delle città europee, meta privilegiata per giovani creativi e artisti. Modernità e storia si mescolano in un mix unico e di indubbio fascino. Musei, gallerie d’arte, locali, negozi e veri e propri laboratori artistici dall’aria vagamente psichedelica fanno di Berlino una città elettrica e languida al contempo. I ritmi, tutto sommato, non sono quelli di una grande metropoli e i berlinesi mantengono un atteggiamento molto ironico, distaccato e personalissimo rispetto a tutti gli aspetti della vita. Servizi pubblici capillari ed efficienti fanno sì che la città sia teatro di piacevoli passeggiate senza i problemi di traffico congestionato. E Berlino è bella a piedi. Certo anche qui la crisi si fa sentire e le casse del comune soffrono come quelle di molte altre grandi città. Ma lo spirito di Berlino è tutto nelle parole del suo sindaco: “Certo la città e più povera ma sempre sexy.” Noi ne parliamo con tre ragazzi italiani che da qualche anno si sono trasferiti qui trovando occasioni e opportunità di lavoro. Anna e Emanuele hanno aperto un’agenzia turistica molto particolare e Christian fa il fotografo. Leggiamo Berlino attraverso i loro racconti.
Buon giorno Anna ed Emanuele. Perché Berlino? Come l’avete scoperta?
Per i suoi spazi immensi, fisici e mentali. L’ampiezza è la cosa che più colpisce quando si incontra la città per la prima volta. E’ un posto che si presta a farsi scoprire ed esplorare, che nasconde strati su strati di storia e di storie.
E piano piano i motivi “per cui Berlino” si moltiplicano e si autoalimentano: oggi, per noi Berlino è la nostra città per BerlinAndOut, per la lingua tedesca, per la musica, per il cinema, per gli amici, per Alexanderplatz, per i tedeschi e per gli stranieri, per i colori e per i grigi.
Siete arrivati qui con un lavoro o lo avete trovato successivamente?
Siamo arrivati entrambi senza avere un lavoro, e con la voglia di trovarne uno stimolante e legato alla cultura tedesca e berlinese. Ognuno di noi aveva e ha i suoi progetti individuali, legati allo studio della lingua (Anna) e al teatro (Emanuele). Volevamo un lavoro che fosse flessibile, per permetterci di seguire anche altre cose, e che fosse legato alla cultura, italiana e tedesca. E abbiamo iniziato a lavorare come guide turistiche.
Come è nata l’idea dell’agenzia?
Quasi spontaneamente, come tutte le cose buone! Abbiamo iniziato a condurre alcune scolaresche in giro per la città, abbiamo avuto riscontri sempre migliori e idee sempre nuove.. E una dopo l’altra si sono concretizzate in BerlinAndOut.
Che pubblico si rivolge prevalentemente a voi?
La cosa che accomuna i nostri clienti è che tutti loro programmano il loro soggiorno a Berlino in anticipo, dall’Italia, e autonomamente. Sono scolaresche, ma non solo: molti dei nostri clienti sono gruppi privati che seguono il nostro blog da tempo, o vedono il nostro sito e incuriositi ci contattano. Hanno voglia di scoprire la città con noi per non fermarsi alle informazioni che trovano sulle guide turistiche in libreria, si affidano a BerlinAndOut per non dover limitare le loro visite ai percorsi standard, sovraffollati e incompleti.
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Città giovane, viva, con un respiro lungo. E un occhio lungimirante vista l’importanza che danno alla cultura, non credete?
Certamente, la cultura è al centro della vita quotidiana a Berlino.
Cultura vuol dire molte cose: sicuramente le arti, l’informazione e la formazione sono coltivate in maniera eccellente e rese accessibili a tutti. Questo innesca un circolo virtuoso per il quale ogni cittadino ha la possibilità di informarsi, formarsi e divertirsi seguendo le sue inclinazioni – e quindi contribuire in maniera attiva al mantenimento e alla crescita di questa cultura.
Inoltre la Germania ha da sempre un’attenzione e un rispetto per la dimensione di vita pubblica che per noi italiani è a volte difficile da comprendere. Cultura è qui anche cultura del vivere quotidiano, della responsabilità che si ha come cittadini nei confronti degli spazi che si condividono e delle persone con cui li si condivide.
Che difficoltà avete avuto nell’aprire la vostra attività?
Aprire un’attività come freelance a Berlino è abbastanza semplice dal punto di vista burocratico, specie se si conosce almeno un po’ la lingua. Le difficoltà di uno startup sono quelle del resto del mondo: l’insicurezza degli inizi, la creazione di un network, la concorrenza.. Tutti stimoli travestiti da seccature.
Pro e contro nel vivere li?
Pro: la qualità della vita quotidiana, in tutti i sensi, è il pro migliore, che poi li comprende tutti. L’elenco sarebbe lunghissimo, dalla città immensa ai boschi immensi appena fuori di essa, alla presenza di tantissime persone da ogni parte del mondo che condividono curiosità e voglia di fare cultura, ai servizi eccellenti, alla birra economica..
Contro: La verdura che non sa di nulla, gli inverni infiniti.
Cosa apprezzate di più dei berlinesi, del loro modo di vivere, del loro spirito?
Dei berlinesi non si può non ammirare la franchezza. La chiamano Schnauze, più che un atteggiamento è uno stile di vita: niente peli sulla lingua e l’humor cinico di una popolazione che ne ha viste di tutti i colori, e che soprattutto è abituata da sempre ad accogliere tra le sue fila gente proveniente da ogni parte del mondo.
Fino a qualche tempo fa la città era famosa per il costo della vita abbastanza contenuto. È ancora così?
Il costo della vita di chi vive in una città è dato da un insieme di costi: a Berlino alcuni di essi sono saliti negli ultimi anni, altri sono rimasti stabili, altri sono sempre stati più alti qui che altrove (i mezzi pubblici ad esempio). Sicuramente Berlino come meta turistica rimane la capitale europea più economica da visitare: gli alloggi turistici, i ristoranti e quasi tutti i servizi turistici costano meno qui che altrove.
Anna Motterle, Emanuele Crotti sono i titolari dell’agenzia Berlinandout. Questo il loro sito: www.berlinandout.eu (la loro foto è di Cristina Polato).
Parliamo adesso con Christian Del Monte
Buon giorno Christian. Da Matera a Berlino, un viaggio che ha avuto altre tappe intermedie?
Sì, diverse altre tappe. Cresciuto tra Taranto e Pisticci (MT), mi trasferii per motivi di studio prima a Salerno e poi a Bologna, per giungere infine a Milano, dopo la laurea, per via del lavoro.
Come e perché ti sei fermato qui?
Ero approdato a Berlino per alcuni giorni già nel 1997 e la città mi era piaciuta al punto da tornarvi nel 1998, trattenendomi quella seconda volta per un mese intero. L’impressione che la Berlino di allora mi fece è ancora vivida nel mio ricordo: la vedevo giovane, in pieno fermento e contemporanea… Un vero e proprio cantiere aperto sul futuro, il cui simbolo era Potsdamer Platz, il cantiere più grande d’Europa. Fu in quell’anno che decisi, sarei tornato per vivervi stabilmente.
Berlino è ormai diventata un laboratorio artistico di prim’ordine. In cosa e perché è così attraente per tutto ciò che è legato alla cultura?
Ci sono due ragioni strutturali che hanno reso Berlino una città molto attrattiva per gli artisti, nel medio termine. Da una parte gli affitti per lungo tempo sono rimasti a un livello assai più basso rispetto a quello delle grandi metropoli dell’arte. Ciò ha significato anche un’enorme disponibilità di spazi rimasti liberi e pronti ad essere riutilizzati anche in maniera creativa. Inoltre, lo stato tedesco ha messo a disposizione in modo ramificato ed estensivo, fin dagli anni novanta, fonti finanziarie destinate a promuovere su base territoriale la cultura a livello locale e internazionale.
Per il tuo lavoro Berlino in cosa ha fatto la differenza?
Per me Berlino è un laboratorio di idee e immagini, un luogo in cui posso sperimentare, ampliando il mio linguaggio visivo senza dover investire grossi capitali, Inoltre posso confrontare le mie idee quotidianamente con colleghi e amici, avviando uno scambio creativo che, vissuto nel modo giusto, porta sicuramente a un arricchimento.
Berlino rispetto alla Germania mi ha fatto la stessa impressione di New York rispetto agli Stati Uniti, qualcosa cioè di molto diverso. Non credi? I berlinesi mi sembrano molto particolari
È vero, Berlino condivide apparentemente poco con la Germania. Credo tuttavia che questa impressione dipenda anche dai ritmi coi quali si vive la città e dai circuiti sociali che si frequentano. Voglio dire, anche la Bologna degli anni novanta non mi sembrava condividere tantissimo con il resto dell’Emilia, quando vi conducevo una vita da studente nottambulo. E però resta il fatto che per i bolognesi è pur se unica, anche ‘emilianissima’. Forse vale lo stesso anche per i berlinesi o i brandeburghesi.
Città davvero multiculturale, in cui sembra che l’integrazione funzioni davvero. È veramente così o ci sono delle crepe anche li?
Premesso che la storia di Berlino è sempre stata caratterizzata da imponenti flussi migratori, c’è da sottolineare che Berlino si è aperta veramente al mondo nei primi anni novanta, ovvero in un momento in cui la Germania aveva già iniziato a fornire una risposta socialmente e politicamente sensata al fenomeno della immigrazione che l’aveva interessata fin dagli anni sessanta ma che era stato, per così dire, non percepito nel suo reale impatto sul piano demografico fino ai primi anni ottanta. In altre parole, Berlino ha goduto fin da subito dell’esperienza già maturata a riguardo in altre città tedesche nell’arco di decenni.
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Poi non si può dimenticare neanche il peso assunto dalle riflessioni storica e etico-filosofica sul nazionalsocialismo nei processi di socializzazione propri della società tedesca.
Che tipo di sostegno da la città a chi svolge un lavoro culturale?
Esistono diverse fonti di finanziamento emanate a diversi livelli (rionale, circoscrizionale, cittadino e nazionale) e organizzati per diversi settori culturali. Si va dalla sovvenzione di traduzioni di libri in tedesco fin alla copertura dei costi di produzione di progetti culturali.
Tanti giovani artisti, tanti spazi creativi. Ma c’è spazio per tutti?
Lo spazio fisico c’è. Chiaramente, questo da solo non basta, almeno da un certo punto in avanti.
Quando ci sono stata, a gennaio scorso, mi ha dato l’impressione di una città elettrica, in gran fermento eppure con ritmi ancora lenti per certi versi. Che percezione hai tu di questa città?
Quando vi giunsi per viverci, arrivavo da Milano e tutto mi sembrava andare a rilento. In effetti, è così, almeno di giorno. Di notte poi, però, la città prende un’accelerazione, lasciando in coda parecchie altre metropoli europee.
Gli affitti sono molto più bassi rispetto alle grandi città italiane. E il resto della vita?
Dipende da quello che si cerca. A parità di qualità dell’offerta e con un tenore di vita abbastanza elevato, non ci sono notevoli differenze tra Milano e Berlino. Ad esempio, un buon ristorante costa all’incirca lo stesso in entrambe le città. Chiaramente, la birra costa pochissimo (al contrario del vino).
Arrivare li sapendo solo l’inglese anche bene è sufficiente o è meglio sapere già il tedesco?
Dipende dalle ragioni che spingono qui. Se ci si vuole integrare e confrontare con la Berlino capitale della Germania, il tedesco è irrinunciabile. Se invece si cerca la Berlino, metropoli europea, l’inglese è più che sufficiente.
Come la vedi l’Italia da li?
La vedo come un paese in difficoltà che ha tanto da esprimere sul piano economico e culturale ma che manca di una classe politica all’altezza.
Berlino è una città che mi ha dato l’impressione di avere un gran rispetto proprio per il ruolo sociale degli artisti. È così o mi sbaglio?
In Germania, quello di artista è considerato un vero e proprio mestiere, forse dipende da questo. E in ogni caso, la cultura è sempre considerata come la fucina dell’identità tedesca.
Il tuo è un lavoro legato fisiologicamente al movimento, hai altri trasferimenti in programma?
Al momento vorrei restare qui a Berlino, spostandomi in altri luoghi solo per lavori di breve durata.
Una città proiettata nel futuro ma ricchissima di storia. Quanto può essere stimolante per un fotografo questo straordinario mix?
È, per me, un aspetto fondamentale… La storia berlinese che trasuda in alcuni luoghi quasi mi costringe a pensare come dietro la realtà delle cose si annidino molteplici significati alimentati dalla nostra percezione del passato. E la fotografia è un modo per lavorare sulla realtà, riflettendo sulle immagini che ci restituisce, per assurdo ponendole in una cornice atemporale, come in uno stato di sospensione e obbligandoci a riconsiderarne il senso, le parentele, i rimandi.
Il sito di Christian è www.christiandelmonte.de
A cura di Geraldine Meyer