Camilla: il mio anno di studi negli Stati Uniti
“Mi è sempre piaciuto imparare lingue nuove, e ho sempre saputo che sarei andata presto all’estero. Per questo ho scelto di frequentare un liceo linguistico. Il desiderio di acquisire una padronanza il più possibile ottimale dell’inglese mi ha portata negli Stati Uniti”.
Camilla Dotti ha trascorso un intero anno a Snohomish, un paese a esattamente 45 minuti da Seattle. Ha visto solo due settimane di sole e poi 350 giorni di pioggia. Eppure se all’inizio l’accordo con l’agenzia cui si era rivolta prevedeva 10 mesi di permanenza a Snohomish, dopo poco tempo non ha esitato a chiedere di poter rimanere dov’era per 12 mesi interi, e alla fine è stata entusiasta del suo viaggio. “Non ho scelto di andare in Inghilterra perché per raggiungerla basta prendere uno dei tantissimi voli che partono ogni giorno da qualsiasi aeroporto, e ci si arriva in solo un paio d’ore. Si potrebbe dire che è dietro l’angolo, mentre la possibilità di andare in America non capita certo tutti i giorni, senza contare che 21 ore di viaggio non si ha voglia di sorbirsele troppo spesso, e presupporrebbero già solo quelle una permanenza lunga, di minimo un mese direi.
Partiamo dall’inzio: com’è stato il viaggio in aereo?
Il viaggio è stato assurdo: 21 ore di volo, 3 aerei diversi e 25 ore di viaggio complessivo. Sono partita da Malpensa alle 7.30 di mattina del 3 settembre e sono arrivata a Seattle alle 23.30 ora locale(le 8.30 del 4 settembre in Italia). Tra l’altro una volta arrivata a New York per il primo scalo non sono partita diretta per Seattle, ma mi hanno fatto andare prima giù in Texas! Infatti il secondo scalo, chissà perché, era previsto a Huston. E inoltre una volta arrivata a Seattle sono morta di paura: non c’era la mia famiglia ad aspettarmi! Non c’era proprio nessuno! Ho provato a chiamarli al telefono ma non avevo il prefisso americano e quindi non riuscivo. Ho avuto paura di dover dormire lì la notte. Poi per fortuna sono stata aiutata da una ragazza italiana che era lì con me, anche lei exchange student. La sua famiglia era andata a prenderla e così mi hanno portato dalla mia host family. Secondo me si erano dimenticati di me!
Sei andata subito a scuola: come l’hai trovata?
Innanzitutto è organizzata in modo diverso: sei tu a muoverti per le aule, non i professori, e puoi scegliere la maggior parte delle materie (a parte alcune fisse come per esempio storia americana). Ci sono moltissimi corsi interessanti, per esempio io il primo semestre ho fatto fotografia, e il pomeriggio seguivo il corso di scienze forensi: sembrava davvero di essere sul set di CSI! Anche perché in America il materiale scolastico, libri per gli studenti compresi, è tutto fornito dalla scuola, su cui investono molto. Durante il corso di scienze forensi infatti potevamo prendere le impronte digitali, prelevare altri campioni e poi analizzarli in laboratorio, con apparecchiature ultratecnologiche: bellissimo!
I ragazzi che vanno a studiare all’estero concordano tutti nel dire che le scuole estere sono molto più facili di quelle italiane. E soprattutto quelle australiane e americane vengono considerate facilissime, se non ridicole.
Lo so, e in effetti l’hanno sempre detto anche a me. Però a mio avviso non è vero che le lezioni sono davvero più facili di quelle italiane. La differenza è che gli studenti americani possono scegliere praticamente tutte le materie, ed è questo che fa la differenza: una persona può scegliere solo corsi come fotografia, pittura, economia domestica e cose simili, e quindi ovviamente avrà una scarsissima cultura, e non dovrà nemmeno sforzarsi così tanto durante l’anno per avere dei voti decenti. Però si possono scegliere anche materie come algebra, chimica e scienze, che non sono necessariamente più facili di quelle italiane. Sta tutto nelle scelte che fai.
Di sicuro la mole di studio non è quella che abbiamo qui, ma anche perché si sta di più a scuola, e spesso ci si esercita direttamente a lezione.
Una cosa non da sottovalutare è che in America c’è molto più spirito scolastico rispetto all’ Italia. La mattina si canta l’inno tutti assieme, ogni scuola ha propri colori e mascotte, che vengono votati dagli abitanti del quartiere. I rappresentanti d’istituto poi ogni tanto organizzano delle giornate speciali: se decidono che un dato giorno bisogna venire tutti in pigiama, allora tu quel giorno vedi tutti che arrivano in pigiama! E’ una cosa molto carina, e il bello è che tutti quanti partecipano volentieri! E così vedi il giorno neon, il giorno nerd…
Parlami della famosa divisione tra popular/unpopular! È proprio come nei telefilm per ragazzi?
Assolutamente sì! È una delle cose che ti lascia più perplesso! Te ne accorgi soprattutto a pranzo. Ci sono i nerd al loro tavolo, dove parlano magari di matematica e si insegnano come programmare le calcolatrici: ti giuro che non è un cliché, è tutto vero! Un tipo era riuscito a programmare un gioco sulla sua calcolatrice, con cui giocava durante le lezioni! Poi ovviamente ci sono i giocatori di football e le cheerleaders che stanno assieme, parlano tra di loro delle feste a cui vanno e si fanno e lampade. Non è una cosa rara in America farsi le lampade, e infatti lì a scuola c’erano due ragazzi con tumori alla pelle. Poi c’è il tavolo degli asians. Non so perché ma gli asiatici non si suddividono tra nerd o altri gruppi, ma qualunque sia la loro personalità stanno solo e sempre tra di loro, solo perché sono asiatici. Il gruppo dei “Drama club kids” è il più divertente: io stavo sempre con loro! Sono i ragazzi che studiano recitazione o canto, e oltre a essere tutti particolari sono pieni di inventiva. Non è raro che organizzino dei flash mobs, come per esempio spettacoli di canto in mensa, veloci e inattesi! Ah, c’è anche il gruppo degli exchange students, che ovviamente stanno tra di loro perché spaesati. Nella mia scuola erano anche tantini, e così ho avuto la possibilità di conoscere tante persone da paesi anche completamente diversi dal mio.
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Questa divisione in gruppi è veramente assurda. Alla fine tutti gli studenti si conoscono tra di loro, perché abitano nello stesso quartiere, e hanno frequentato tutti le scuole precedenti assieme, e magari le loro famiglie si conoscono da anni, ma ti assicuro che se sono di gruppi diversi a scuola nemmeno si salutano.
In effetti una cosa che ho notato, è la superficialità dei rapporti. In America le amicizie sono false.
Addirittura false?
Sì, non hanno per niente l’idea di un’amicizia duratura. Danno infinitamente più importanza alle relazioni sentimentali, che in effetti vengono vissute con serietà e gli si dedica tutto il tempo libero, ma le amicizie sono solo di interesse. Non è una cosa che ho notato solo io, ma anche gli altri Exchange students con cui mi capitava di parlare: anche quelli delle nazionalià più distanti e differenti concordavano nel dire che gli americani sono superficiali su questo fronte. Forse è anche colpa dei tanti impegni: quando passi la maggior parte della tua giornata a scuola, poi non ti viene in mente di invitare la tua compagna di banco ad uscire… anche perché le ore libere nelle giornate scolastiche sono piuttosto scarse.
Hai partecipato al famoso ballo di fine anno??
Da noi organizzavano addirittura 3 balli! Il primo è l’homecoming. Lo si fa a settembre, ed è una specie di ballo di benvenuto, un ballo di inizio anno, ma non per questo meno importante del famoso prom. Anzi, gli inviti sono plateali! Per esempio una volta un ragazzo ha coperto interamente l’auto di una ragazza di post-it colorati con scritto “homecoming with me”, altri hanno organizzato un’assemblea e davanti a tutta la scuola (2000 persone!) hanno chiesto alle loro ragazze di andare al ballo con loro. Un altro ragazzo ha fatto trovare una rosa con un biglietto in ogni aula della sua ragazza e poi si è fatto trovare nella sua classe l’ultima ora. Un altro ha fatto una torta e ne ha fatto trovare un pezzetto alla volta in ogni classe della sua ragazza e alla fine mettendo in ordine i pezzi veniva fuori la scritta homecoming. Poi c’è il Tolo, un ballo la cui caratteristica particolare è il fatto che ad invitare sono le ragazze. E infine c’è il prom! Lo si organizza per tutto l’anno, tra le attività pomeridiane c’è proprio l’organizzazione del ballo perché alla fine il prom è per gli americani quello che la maturità è per noi: un rito di passaggio. Certo, un rito di passaggio molto più piacevole! E ti dirò: ti diverti di più se ci vai da sola! Io ci sono andata con un gruppo di amici. Prima abbiamo mangiato cinese tutti assieme e poi siamo andati al ballo, che era stato organizzato in un palazzo.
Gli americani sono forse il popolo più patriottico che ci sia…
In effetti il patriottismo emerge molto. Per esempio tutte le mattine a scuola, prima dell’inizio delle lezioni, si recita tutti assieme il Pledge of the Allegiance, una formula dal tema patriottico. Si canta tutti in piedi con la mano sul cuore, e se la gente per strada passa vicino alla scuola e sente che si sta cantando il Pledge of the Allegiance deve fermarsi e cantare. Una volta sono andata ad una partita di football in uno stadio enorme a Seattle. Immaginati la confusione, e il vociare di migliaia di persone. Era un posto enorme, grandioso, ma quando è stato il momento di cantare l’inno è calato un silenzio tombale. Impressionante! C’erano migliaia di persone in quello stadio, ma nonostante questo non si sentiva volare una mosca. E tutti hanno cantato, composti.Ma non si limitano alle cose formali, esteriori. Quando gli americani incontrano dei soldati che per esempio camminano per la strada, vanno sempre a stringergli la mano, e li ringraziano per il servizio che prestano alla Patria. A scuola si fanno assemblee periodiche che hanno come tema l’Afghanistan, e sono seguitissime. Una volta è successa una cosa strappalacrime: il padre di uno degli studenti della mia scuola era ritornato dall’Afghanistan proprio il giorno di una di queste assemblee, e ha riabbracciato il figlio dopo mesi che non lo vedeva, arrivando a scuola e presentandosi sul palco. Il figlio non se lo aspettava, non ne sapeva nulla, ed è corso ad abbracciarlo davanti a tutta l’aula commossa. Ho anche un altro esempio: frequentavo un club di cucina, e per Natale abbiamo cucinato una cosa come 2000 chocolate chips cookies (biscotti con gocce di cioccolato) da regalare ai soldati in missione.
E il famigerato cibo? Com’era?!
In America cibo è il contrario di sano. Olio e grassi a go-go, in praticamente tutti i cibi. Una cosa disgustosa è che nessuno beve mai l’acqua, ma solo bevande gassate. Perfino in mensa o nei ristoranti puoi chiedere solo fanta, coca cola, latte al cioccolato. Bleah! Anche a casa non hanno l’acqua, assurdo. Dovevo prendere quella del rubinetto, ma era calcarea, quindi immaginati…
Poi non ci si deve stupire che l’obesità sia così diffusa! Tanto è vero che ci sono tante palestre bene attrezzate, e che costano pochissimo, e infatti sono molto frequentate. La mia città comunque era relativamente sana, non ho mai visto tanti obesi come ne ho visti così tanti come per esempio a New York o Los Angeles.
Sei stata anche a New York e Los Angeles?! Racconta!
A Los Angeles incontri spesso gente famosa! Io sull’aereo ho incontrato il cantante dei Foo Fighters Dave Grohl, a cui ho prontamente chiesto l’autografo prima che l’aereo partisse. E inoltre quando sono tornata al mio posto ho sentito Prince, che era seduto vicino a Dave, lamentarsi del fatto che nessuno gli aveva chiesto l’autografo!
Los Angeles è bellissima, l’ho visitata in lungo e in largo. Ho anche provato a fare surf in quel mare stupendo, così bello che c’erano addirittura i delfini che nuotavano vicino a me… l’unico problema di Los Angeles sono i tanti barboni, che in quella zona si concentrano molto di più che nelle altre parti d’America, in parte per il clima mite tutto l’anno e poi anche perché le spiagge per bagnanti sono rifornite di tutto il necessario per farsi le docce, e cose simili. Tutto il viaggio, a parte l’aereo, è stato tutto pagato dalla mia famiglia. Mi hanno offerto cibo, entrate nei musei e parchi, perfino l’entrata a Disneyland, con magliette ricordo annesse! Se c’è una cosa positiva da dire sugli americani è sicuramente che sono ospitali e altruisti, anche di più di noi europei. Addirittura la famiglia ospitante di un’altra exchange student, una ragazza tedesca con cui avevo fatto amicizia, mi ha completamente regalato una settimana in Montana da passare a fare sci! Tra l’altro in una casa stupenda fornita di vasca idromassaggio in cortile! Ovviamente anche New York è fantastica, anche se molto diversa da Los Angeles.
C’è grossa differenza tra east e west coast?
Decisamente sì: c’è differenza nel parlare, nel vestire, nello stile di vita. Sulla east coast è tutto molto più frenetico. Inoltre sono molto più servite le città dell’east coast, trovi un mezzo pubblico efficiente dovunque, e in generale è molto più facile spostarsi. Invece nella parte ovest si fa poco affidamento ai mezzi pubblici e devi per forza avere una macchina. Può darsi che il supermercato più vicino a casa tua sia ad un quarto d’ora di macchina e non servito dai mezzi.
La massima libertà con il massimo dei controlli: l’America è davvero così?
Beh, di sicuro ci sono tanti fattori che possono far sentire libero un ragazzo americano. Patente in primis: la prendi facilmente, in poco tempo, puoi guidare fin dai 16 anni e le macchina costano poco. Come le case d’altronde, perché sono tutte fatte di legno (e infatti ci sono moltissimi casi d’incendi. Una volta ero a casa di una mia amica perché la sua famiglia aveva organizzato un barbecue e a causa di un momento di distrazione ha preso fuoco un’intera parete della casa!).
È anche vero che non puoi fumare fino ai 18 anni e bere fino ai 21. Io che ero un’exchange student poi non potevo nemmeno avvicinarmi ad alcol e droga, nel senso che non potevo frequentare posti dove ce ne fosse la presenza, pena l’espulsione con l’annullamento di tutti gli esami passati a scuola. Se la polizia ti becca sgarrare, ti mette subito in prigione senza pensarci troppo. Diciamo che ci sono varie contraddizioni. Al college vivi da solo, lontano dalla famiglia, e quindi ti senti più che mai libero, però non puoi bere o fumare, e alle feste, rumorose o tranquille che siano, la polizia arriva sempre. Di sicuro i controlli sono molto severi. Per esempio ci sono tante guardie in praticamente tutti i negozi, e questo alla fine infonde una qual certa sicurezza. Basta dire che le famiglie lasciano la porta aperta di notte! O almeno lo facevano quelle del mio quartiere, perché a detta di tutti era un quartiere non solo benestante, ma anche assolutamente tranquillo. Di sicuro lo era, ma chi in Italia non chiuderebbe la porta di casa? Ho dormito malissimo le prime notti, continuavo a sussultare nel letto per ogni rumore immaginandomi frotte di ladri che entravano in casa semplicemente abbassando una maniglia. Meno male dopo qualche giorno mi hanno accontentata e hanno iniziato a chiudere con la chiave, ma l’hanno fatto solo per me. In America la fiducia nella polizia è totale. Anche le macchine vengono lasciate aperte nei parcheggi, e la gente nemmeno si preoccupa di svuotarle degli oggetti di valore, perché tanto tutti si fidano!
Ecco come fare per andare a vivere in America: i documenti necessari e molto altro!
Quindi forse sì, i controlli sono molto severi, più severi che qui e a molti italiani quella potrebbe non sembrare libertà, ma da quei controlli deriva un senso di fiducia e sicurezza che è impagabile.
Quali son le cose più strane che hai visto?
A parte Dave Grohl e Prince sullo stesso aereo e il latte al cioccolato al posto dell’acqua intendi?!
Sono rimasta scioccata dai loro orari: pranzano alle 11.30 e cenano alle 4.30 del pomeriggio! E poi vanno a letto per le 7.30, o le 8. Ah, e si scandalizzano se confessi di mangiare carne di cavallo: per loro è un sacrilegio!
Una cosa che davvero non mi aspettavo era di trovare tanta ignoranza e tanto integralismo religioso.
Addirittura integralismo religioso?
Assolutamente sì. Secondo il mio professore di Storia Americana non c’è paese più integralista dell’America. Non solo in alcuni stati viene proibito l’insegnamento dell’evoluzionismo, ma i ragazzi stessi cedono al creazionismo. Per noi ormai è assurdo poter essere davvero convinti che abbiamo avuto origine da Adamo ed Eva, ma per loro invece è impensabile sostenere il contrario. In America se dici di essere ateo ti guardano con occhi strani, e se provi a discuterci e provare a sostenere la tesi che Dio non esiste, o anche tesi molto più soft, la discussione è morta in partenza: non tollerano che si possa anche solo dubitare dell’esistenza di Dio. E la fede è fortissima.
David Letterman intervistando il premier David Cameron gli ha chiesto di spiegare qual è la differenza tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. Sono davvero così poco colti?
Decisamente! È una delle cose di cui mi sono più sorpresa: il livello di cultura generale è bassissimo. Durante il mio periodo di studio mi sono sentita chiedere in che continente fosse l’Italia, se si trovasse in India, e mi hanno addirittura chiesto se noi dall’Europa possiamo vedere le stelle. D’altronde, ripeto: finché i corsi a scuola sono a scelta, ci sarà sempre tanta gente che non avrà mai partecipato in vita sua ad una lezione di geografia.
Comunque questa è stata la mia particolare esperienza e l’insieme delle mie impressioni, non voglio generalizzare tutto ciò all’intero popolo americano. Gli Stati Uniti vantano 50 stati e 300 milioni di abitanti, le differenze tra zona e zona di sicuro ci sono.
Ora avrai un inglese perfetto!
Ho imparato moltissimo, e ho imparato a parlare soprattutto guardano la tv, perché le persone usano molto lo slang quindi all’inizio non riesci molto a capire. Invece nei programmi televisivi la gente parla un inglese corretto, e quindi è ascoltandoli che ingrani. E soprattutto, una volta che lo impari così te lo ricordi: tutt’ora mi capita di pensare in inglese e se guardo un film americano in lingua originale capisco tutto, anche le battute che riguardano contesti tipicamente americani, e quindi non capibili da tutti.
Il ritorno ini Italia è stato traumatico come lo è per molti?
Di sicuro stai male nel riprendere la scuola in Italia. Non solo devi recuperare l’anno passato ma devi anche riuscire a tenerti al passo con quello nuovo!
Per quanto riguarda gli amici invece, sono stata fortunata. Non mi hanno mai fatto sentire esclusa, anzi, è stato quasi come se non fossi mai partita. Appena tornata mi hanno organizzato una festa a sorpresa, e non solo. Nei giorni successivi mi hanno raccontato quali erano le ultime novità, se qualcosa me l’ero perso non esitavano a mettermi al corrente di tutto quello che c’era da sapere, e in più mi hanno sempre fatto mille domande sulla mia esperienza, si sono sempre dimostrati interessati al mio viaggio.
Il viaggio ti ha cambiata?
Sicuramente, come ogni viaggio così importante. Ho visto nuove realtà, ho fatto un’esperienza unica, ho anche preso un diploma! (La cerimonia è stata meravigliosa, eravamo tutti in uno stadio, detto in una parola: sono maturata. E poi ho imparato ad apprezzare molte cose che prima magari davo per scontate.
Per esempio?
Le amicizie in primis. Ho già detto che le americane sono false, le amicizie non sono vere, o comunque non profonde come lo sono quelle che io chiamo amicizie. Come quelle che ho qui in Italia. Un’altra cosa che ho imparato bisogna apprezzare è il rapporto con la famiglia. In America le case sono degli alberghi: ognuno entra ed esce quando vuole, e soprattutto se qualcuno ha fame si prende il suo piatto e si mette a mangiare, magari davanti alla tv, incurante di quello che fanno gli altri componenti della famiglia. Lo stare a tavola tutti assieme è una cosa a cui non rinuncerei, ed è stata infatti una delle cose che mi è mancata.
La mail di Camilla:
A cura di Giulia Rinchetti