Sto per arrivare sulla punta, le palme erano piu’ alte? L’orizzonte storto come la prima fotografia?Non importa, ci sono, sono di nuovo qua dopo vent’anni,vedi sono tornato, guardami bene ho trent’anni, no sono quasi cinquanta, se sono qui la vita non ha avuto ragione di me ho ancora la forza di guardare l’orizzonte con lo stessa intensità, chi cercherà la mia ombra, chi seguirà i miei passi…Guardami bene ho trent’anni…
Ho esitato parecchi anni prima di tornare, bruciava ancora quella mattina, l’ultima in Costarica, quando lasciai questo paese dopo quasi due anni di lotte e di speranze mai realizzate per cercare di viverci per sempre forse, lasciai qualche amico, progetti, l’entusiasmo di cambiare vita e anche i miei trent’anni. Ma soprattutto il dubbio dentro me, se veramente avessi fatto il possibile per realizzare un sogno, mi sembrava di partire e lasciare tutto il lavoro svolto e del quale non sarebbe rimasto più niente. Mai avrei avuto un altra possibilità ?
Passarono gli anni e per fortuna ebbi altre chances, in Costarica gli amici rimasero con alterne fortune, non avevo un buon ricordo, italiani arrivisti che sbarcavano sventolando i loro dollari, la gelosia tra connazionali se a qualcuno gli andava un po’ bene, falsità nei rapporti, lavori precari e in più un paese che mi era sembrato fin troppo orgoglioso di ciò che poteva offrire. L’unico rimpianto erano i bei momenti vissuti a contatto con la sua natura splendida.
Così ho deciso di tornarci quest’anno,si perché un anno fa è nata mia figlia e quindi abbiamo voluto mantenere un promessa fatta:saremmo tornati in Costarica solo in tre, in vacanza.
Siamo partiti, all’aereoporto ci aspettavano due amici, dell’epoca che fu, loro sono rimasti, qualche capello bianco in aggiunta’ per entrambi e tanta emozione.
Pioveva quel giorno, come al nostro arrivo vent’anni fa’ pieni di valige d’illusioni e con una gatta portata dall’Italia che miagolava disperata, il taxi fino all’albergo e poi il resto furono pagine scritte. Pioveva, ma questa volta eravamo con nostra figlia che non piangeva ma osservava il traffico umido fino a casa dei nostri vecchi compagni di battaglia. Ci aspettavano due mesi di vacanza in questo paese che fu la nostra casa per due anni.
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Piovve per due giorni nei quali guardavamo fuori dalla finestra immaginando quanto fosse cambiata San José, San José…. Amore e odio, avevamo abitato in tre quartieri diversi e in tre case diverse. Poi finalmente la pioggia cesso’ e iniziammo a ripercorrere gli antichi sentieri ,che i nostri trent’anni sfacciati divoravano correndo, fieri della loro nuova identità, della loro fuga. Ma poi…Niente non ricordo piu’ niente, quanto sei brutta San José, quanto mi sei estranea, come facevi a piacermi ? Il centro caotico, il traffico al limite del collasso, cerco di ritrovare quel ragazzo che scrutava dai finestrini dei bus, vent’anni prima, ogni occasione di vita e non lo trovo, non c’é piu’, oppure quando slalomava con il suo Toyota Land Cruiser tra le rotonde della « Radial »(la tangenziale che taglia fuori il centro cittadino), ne anche. Estranea si ,ma con il passare dei giorni qualcosa di naturale risorge in me, mi muovo istintivamente, non mi sento turista, la lingua risgorga come una sorgente di montagna, i ticos pur in mezzo al taffico, non li stressi ne anche a pagarli. Poi l’emozione alla visita della nostra prima casa, ricordo quando uscivo la mattina sotto quei cieli bassi e rientravo la sera con le nuvole che s’incendiavano al tramonto, poi la visita alla seconda, alla terza…Ne é passato di tempo, é passata la vita. Io e Michela ci guardiamo, guardiamo nostra figlia.
Poi i nostri amici Francesco, Andrea che sono rimasti qui, che lottano ogni giorno senza più illusioni, Miguel il nostro amico, professore di filosofia, quanti ricordi insieme, che é partito da San Ramon fino alla capitale per rivederci,sono passati piu’ di dieci anni da quell’ultima volta a capodanno tra flamenco e vino in Andalusia.
Poi via, via dalla capitale,verso l’oceano pacifico e allora li mi ricordo, mi ricordo perché avevo scelto questo paese dopo esserci stato in vacanza prima della grande decisione. Mi risveglio ogni mattino al rumore delle onde miste alle grida delle scimmie urlatrici, il guanacaste è sempre uguale, secco ,vero, caldo, ogni sera ritrovo una soda (un bar) di quattro assi e salsa di fronte all’oceano e mi fermo ad ascoltare gli uccelli che rientrano a centinaia per la notte sugli alberi sopra di me e poi i tramonti da piangerci, ogni sera diversi, giocare con mia figlia tra le onde e dirsi con Michela « Se…Magari…Forse « Ascolto me.
Poi ancora via, un salto verso la capitale e poi l’altro oceano, l’atlantico dove passiamo le feste di Natale in una casa in mezzo alla giungla. Ma piove, piove tutti i giorni, lo sapevo ma sono voluto venirci comunque, ho voluto rivedere quella punta tra le palme sul mare, dopo Manzanillo, dove piu’ di vent’anni fa io e Michela ci promettemo che saremmo ritornati, li e la nostra vita sarebbe stata diversa. Cosi’ é. Cosi’ sono tornato da solo il giorno di Natale,come in un libro scritto male,(Michelaè dovuta restare con nostra figlia) e prima di arrivarci fermo i pensieri per ricordarmi quel giorno,i fiori, il vento tra le palme le nostre risate tra le onde.E’ ancora cosi, forse non lo sono piu’ io, ma comunque nessuna resa ancora.
Infine l’ultimo dell’anno con i nostri amici e altri che vivono in zona, in una casetta tutta viola in mezzo al verde a due passi dal mare, tra vino e allegria, che desiderare di piu’ ?
Tutto scivola via come questa strada asfaltata che era una pista, noi pedalavamo nel cielo, tra le stelle, cosi’ sembrava, perché non c’erano luci…
Poi torno in guanacaste, in macchina Victor Manuelle canta « Pintaste mi vida color ilusiòn »forse aveva ragione lui, per qualche momento, mentre il sole brucia il mio braccio dal finestrino,mi sembra che sia ancora cosi, e va bene cosi, Colombia, Costarica un continente che abbraccio’ un epoca e dove ho lasciato e preso, rilasciato e ripreso e che non mi ha mai abbandonato e che non ho mai abbandonato.
Il resto a Playa Grande é storia di sempre,sveglia tra le onde, scimmie che ci chiamano a colazione, mapaches vengono a darci la buona notte, Walter che ci ospita ci accoglie con un pappagallo sulla spalla e mi racconta la sua storia e di perché ha deciso di fermarsi qui. Poi noi, io Michela e Emilie, sondiamo le spiagge che mai avevamo potuto visitare ai tempi. E’ importante riguardare la propria vita in questa maniera ?Credo che ci sia un momento nel quale un bilancio ha ragione di essere, ma non vivo nel passato, non esiste futuro senza passato, guardo avanti peché posso guardarmi indietro. Non potrei non essere capace di smettere di sognare.
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Poi tocca a te Miguel Alvarado Sanchez, ci aspetti a San Ramon nella tua nuova casa e sei sempre tu come se fosse ieri e invece erano vent’anni fa che mi salutavi esitante con le mani sul cuore mentre noi da quella fermata di autobus di fronte a Plaza della cultura lasciavamo il Costarica per sempre, mi ricordo vederti diventare sempre piu’ piccolo e non riuscire a fare nient’altro che abbassare la testa. Il Miguel che sapeva aspettare e ascoltare in silenzio, quando mia madre scoppiò in lacrime sotto l’Arenal perché aveva capito che non si voleva piu’ tornare. Miguel seduto dietro il mio Land Rover verso Montezuma con le porte che si aprivano ad ogni salto, in quel capodanno che non finiva mai. Poi le nostre corse in bus le domeniche per venirti a trovare, ed era il tuo sorriso ad accoglierci sopra la « Panaderia Santa Marta » nient’altro che la tua amicizia.
Le nuvole vanno e vengono sulla cordigliera, nella casa di San Ramon, come sempre, gli « Oveja Negra » danno ancora il tempo tra un piano e l’altro, sembra ancora di essere li e ci siamo, mi sento bene e lo so perché, Emilie gattona e ride come se fosse a casa sua, é triste San Ramon, lo é sempre stata, per quello ci venivo ogni tanto, due giorni ancora e torniamo.
Stesso luogo ma vent’anni dopo Miguel, salutiamo te e la tua compagna Teresita in mezzo al caos di San José ma é un saluto di gioia oggi, questa volta stringo il pugno so che ci rivedremo, diventi sempre piu’ piccolo e non leggerai mai queste righe, ma é come se le avessi scritte in volto.
E’ venuto il momento di salutare anche te Francesco e anche se questo paese non ti ha mai portato fortuna la tua dignità e la tua amicizia non hanno mai esitato attraverso questi lunghi anni nei miei confronti, non sto a elencare le innumerevoli situazioni che abbiamo dovuto condividere, siamo ancora qui, siamo in piedi e siamo in questo paese per l’ennesima volta.
Saliamo in aereo, il resto é un oblo’, chiudo gli occhi, so che tornero’ un giorno, ma non tra vent’anni. Decollo, ma a terra, chi seguirà la mia ombra, chi seguirà i miei passi…
Ciao
Stefano, Michela ed Emilie
Capolinea costa azzurra (forse)