Erika lascia tutto e vive nella savana

A cura di Maricla Pannocchia

La vita di Erika, mamma italiana, potrebbe essere la trama di un film. Una di quelle storie che sanno di mal d’Africa, che ti portano a conoscere realtà così lontane dalla tua.

La vicenda di Erika, tuttavia, è talmente reale da essere più appassionante di qualsiasi pellicola. Le paure iniziali, i dubbi, i sacrifici, la lontananza dagli affetti, il tutto per voler contribuire a migliorare le condizioni di vita in Tanzania ma anche per crescere emotivamente e spiritualmente perché vivendo lì, nel villaggio dei suoi amici Maasai, Erika si sente davvero completa.

Erika Tola

Ciao Erika, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, mi chiamo Erika e, e dovessi descrivermi con una sola parola, direi: sognatrice. Ho sempre abitato con la mia famiglia in provincia di Treviso, città che adoro perché fatta “a misura d’uomo”, molto tranquilla e accogliente, con tanto verde. Nei periodi di vacanza scolastica ho sempre trascorso le mie giornate ad Orvieto, paese natale di mia mamma. Il mio cuore è sempre appartenuto a quella cittadina, i miei ricordi più cari sono lì, giornate trascorse in compagnia di amici e parenti.

Anche le attività scout hanno segnato profondamente la mia infanzia e mi hanno avvicinata tantissimo alle tematiche ambientali, è stato infatti in quel periodo che ho imparato ad amare e rispettare sia la natura sia il prossimo.

La mia è una famiglia semplice, che mi ha insegnato cosa vuol dire fare sacrifici per riuscire a raggiungere un obiettivo. Mia madre era parrucchiera e mio padre militare in aeronautica.

Ho due fratelli con i quali vado molto d’accordo e la famiglia per me è un valore fondamentale.

I miei genitori mi hanno insegnato molto e posso solo ringraziarli, ma al contempo sono sempre stati molto rigidi e, nonostante voglia loro un bene dell’anima, con il passare del tempo mi sono resa conto che non condivido alcuni dei metodi educativi che hanno utilizzato, che hanno segnato poi il mio percorso di vita.

Negli ultimi anni sono riuscita ad effettuare qualche viaggio importante e sono arrivata in Tanzania nel gennaio 2020, subito prima dell’inizio della pandemia da Covid-19.

Erika Tola tanzania

Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza? Com’è stato il tuo impatto con la Tanzania?

Sono partita con un viaggio organizzato e abbiamo alloggiato in un villaggio turistico a Zanzibar. Confesso che all’inizio ero un po’ intimorita perché, appena arrivati, siamo stati accolti in modo veramente asfissiante dai beachboys ( termine generico per indicare chi lavora in spiaggia, vendendo monili o escursioni). Dopo i primi giorni la situazione si è calmata e abbiamo avuto modo di fare amicizia con alcuni Maasai.

Sono persone molto socievoli, cordiali e allegre e, al termine della vacanza, come spesso accade, ci siamo scambiati i numeri di telefono e loro ci hanno chiesto di tornare per andare a visitare il villaggio in cui vivono.

Onestamente non ero molto interessata, ero intimorita dal quel loro modo di vivere così diverso dal mio, oserei dire “selvaggio”. Ero praticamente certa che non sarei mai andata a trovarli nel loro villaggio.

Nel corso del tempo abbiamo mantenuto i contatti ed ogni tanto ricevevo foto della loro vita al villaggio, delle loro famiglie, delle cerimonie, dei paesaggi ed è stato come iniziare a conoscere quel luogo e quelle persone fino al punto di desiderare di andare a trovarli.

Con il tempo si è anche allargata la cerchia di conoscenze legate alla Tanzania e al popolo Maasai, fino ad arrivare all’associazione “Asante”, che stava finanziando la costruzione di un dispensario (clinica con alcuni ambulatori) proprio in un villaggio vicino a quello dei miei amici Maasai. Nell’estate 2021, parlando con Anja (presidente di Asante), sono venuta a sapere che c’era bisogno di qualcuno che andasse in Tanzania per seguire alcuni lavori al dispensario. Mi sono subito resa disponibile. A novembre 2021 ero nuovamente in Tanzania ma stavolta niente villaggio turistico. Sono andata subito al dispensario nell’entroterra e a trovare i miei amici Maasai.

Che aspettative avevi riguardo a quell’esperienza?

Pensavo sarebbe stato il viaggio più importante della mia vita, quello unico, indimenticabile, impossibile da superare con qualsiasi altro viaggio. Ero convinta che, una volta tornata a casa, quei momenti sarebbero rimasti nel mio cuore per sempre. È stato durante quel viaggio che mi sono innamorata della Tanzania, dei suoi paesaggi, del suo modo semplice di vivere, della gentilezza e cortesia delle persone ma, soprattutto, del popolo Maasai (anche se, come ogni popolo, anche questo ha i suoi difetti). Allora, però, non sapevo che sarei tornata ancora in Tanzania.

Erika Tola tanzania masai

Che cosa ti ha spinta a tornare, ancora una volta, lì?

Quel secondo viaggio nel Paese mi ha permesso di vedere con i miei occhi un grande problema della zona, l’assenza di una corretta gestione dei rifiuti. Se, in Italia, cerchiamo di differenziare il più possibile, lì è come vivere in una discarica a cielo aperto. Una volta rientrata in Italia, quindi, ho pensato a lungo alla problematica, chiedendomi in che modo avrei potuto contribuire a risolverla. Ho svolto delle ricerche in merito e sono entrata in contatto con la fondazione Ivo de Carneri e, d’accordo con loro, a marzo 2022 sono tornata in Tanzania per capire come contribuire allo sviluppo di un modello di raccolta differenziata e al riciclo della plastica.

Ho vissuto un mese a Zanzibar e un altro mese al villaggio dei miei amici Maasai. Una volta rientrata in Italia, però, avevo una strana sensazione dentro di me. Ero convinta di non aver fatto abbastanza ed è stato lì che ho capito che sarei dovuta tornare, ancora una volta, in Tanzania. Stavolta, però, avrei vissuto lì per più tempo  e avrei fatto il possibile per rendermi utile.

Non solo per la tematica ambientale ma anche per quella sanitaria.

Avevo scoperto infatti che nel villaggio maasai tanti anni fa era stata avviata la costruzione di un dispensario (piccolo ospedale) ma poi abbandonata.

Questa mia decisione è stata anche una conseguenza di come, ormai, mi sentissi a casa nel villaggio Maasai. Lì ho ritrovato la mia pace interiore e mi sembrava di essere tornata la bambina che si godeva, serena e spensierata, le giornate a Orvieto dalla zia.

Come ha reagito la tua famiglia davanti a questa tua decisione?

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Penso che una decisione così importante non possa essere presa in autonomia e quindi ho parlato a lungo con la mia famiglia. Sono una mamma e ho parlato tanto con i miei figli. Anche se sono ormai grandi restano sempre “i miei bimbi”. Loro sono la mia priorità e, per questo, ho dovuto affrontare un conflitto interiore piuttosto pesante. Da una parte, volevo rimanere in Italia con i miei figli ma dall’altra sentivo la necessità di realizzarmi in un altro modo, in un altro mondo.

Erika Tola tanzania

Qual è stato il passo successivo in questa tua avventura?

Essendomi innamorata del villaggio Maasai mi è venuto naturale voler costruire un piccolo lodge qui. Lo scopo è permettere anche ad altre persone, ai viaggiatori, di vivere tutto quello che io ho avuto, e tuttora ho, l’onore di sperimentare.

Per chi desiderasse scoprire qualcosa in più di me e di questo villaggio maasai può trovarmi su instangram con il profilo “MasaiAdventure”

Com’è la tua vita quotidiana nella savana?

Qui la vita è piuttosto semplice e non ha niente a che vedere con quella, spesso così frenetica, del nord-est dell’Italia. Mi alzo al mattino (senza che suoni la sveglia), faccio colazione, controllo gli animali (questo, in realtà, vale più per i miei amici Maasai, che sono allevatori) e poi pulisco e cucino. La vita sociale è molto attiva e, personalmente, dedico tanto tempo anche alla gestione dei miei canali social e a rispondere alle varie domande da parte di persone che, scoperta la mia vita qui, sono curiose al riguardo. Tante di loro vorrebbero venire qui per delle vacanze culturali che permettano loro d’immergersi nei costumi e nelle abitudini della popolazione locale. In più, sto seguendo la costruzione del mio lodge, che sta sorgendo al centro del villaggio.

Ogni giorno qui, per me, è una scoperta. Mi capita d’imbattermi spesso in piccoli animali e a volte rimango a guardarli incantata, tanto che i Maasai mi prendono bonariamente in giro perché dopo tanto tempo ancora ne resto affascinata.

Hai avuto delle difficoltà nel vivere con i Maasai? Come le hai superate?

Sì, naturalmente ci sono state delle incomprensioni date dalle diverse culture e mentalità. Usi e costumi sono completamente differenti. Mi sono scontrata più volte con loro su alcune tematiche ma la cosa bella è che ci rispettiamo e accettiamo a vicenda. Questi sono, secondo me, due tasselli fondamentali per una serena convivenza. Loro sono un popolo molto accogliente e mi hanno fatta sentire a casa, come se fossi una di loro, sin dalla prima volta. I loro occhi ti sorridono e ti dicono sempre “benvenuta”.

Erika Tola tanzania

Hai mai nostalgia dell’Italia?

Certo. In primo luogo mi manca la mia famiglia, le mie amiche ed il cibo italiano!! Mi mancano alcune comodità come la lavatrice o una bella doccia, o la connessione Internet sempre attiva, ma non sono cose indispensabili! Non mi piace avere sempre i capelli pieni di polvere (adesso capisco perché le donne Maasai hanno i capelli rasati e le swahili si tengono sempre il velo in testa!!) Scherzi a parte, sì, ogni tanto ci sono difficoltà ma cerco sempre di affrontarle in modo positivo.

Come descriveresti la Tanzania?

Questo Paese è meraviglioso, soprattutto da un punto di vista naturalistico. La gente è sempre solare. Ho ricevuto alcune critiche rispetto a questa mia affermazione perché in diversi mi hanno detto che, se queste persone stessero bene nelle loro terre, non ci sarebbero tanti barconi carichi di gente che vuole arrivare in Italia. Vorrei approfittare di questa occasione per precisare che chi viene in Italia con un barcone non proviene dalla Tanzania. L’Africa è più povera rispetto al resto del mondo, è vero, ma la Tanzania per fortuna non è tra quei Paesi africani dove esistono guerre e degrado estremo. Qui la gente vive con poco, ma sta bene.

Che consigli daresti a chi vorrebbe visitare la Tanzania?

Vorrei che le persone venissero a visitare la Tanzania e a vivere con il popolo Maasai, in modo “local” ma avendo il giusto rispetto e la giusta educazione. Fare un’esperienze del genere significa effettivamente andare in casa di qualcun altro e, per come la vedo io, bisogna farlo in modo rispettoso.

Che suggerimenti hai, invece, per chi volesse cambiare vita?

Non è facile dare consigli a qualcuno che vuole cambiare vita. È una cosa che devi sentire dentro, una necessità profonda. Se due anni fa qualcuno mi avesse detto che avrei mollato il mio posto di lavoro per venire a vivere in Tanzania vi garantisco che non gli avrei mai creduto!

Io sono stata in crisi per anni ma, per tanto tempo, non ho avuto la forza di reagire. Rimanevo bloccata in quella situazione, chiedendomi: “in fondo cosa puoi volere di più dalla vita?”

Viviamo in un mondo che, in qualche modo, c’impone chi dobbiamo essere, cosa dobbiamo fare… ecco che molti di noi vivono, spesso senza rendersene conto, come degli automi. Non so esattamente quale sia stata la scintilla che è scattata in me ma sono contenta che si sia accesa anche se, lo ammetto, a volte questa situazione mi spaventa. Sono una donna sola in un continente straniero e a volte, quando ci penso, mi assale una certa inquietudine, ma so che è questa la strada che adesso devo percorrere. Non voglio avere, in futuro, alcun rimpianto. Voglio dare il massimo e poter essere orgogliosa di me. Lo devo a me stessa e alla mia famiglia. Forse, quindi, il consiglio che darei a chi vorrebbe cambiare vita è proprio questo: dai il massimo.

Qual è la tua filosofia di vita?

Ama il prossimo tuo come te stesso e lascia il mondo migliore di come l’hai trovato.

E sorridere sempre, essere sempre gentili anche con chi apparentemente non se lo merita, perché non sappiamo mai cosa l’altra persona stia vivendo.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?

Spero di riuscire ad organizzare un turismo sostenibile nel pieno rispetto della popolazione locale e trasmettere ai miei ospiti la serenità e l’amore che sto ricevendo io.  Mi sono organizzata in modo tale che chi viene a trovarci contribuisca all’economia  locale (ad esempio il cibo ci viene preparato dalle donne del villaggio). Spero anche di riuscire con il tempo ad implementare la raccolta differenziata o, quantomeno, il recupero della plastica qui al villaggio.

E non ultimo riuscire a rendere funzionante il dispensario ed organizzare delle missioni con medici italiani/europei.

Copyright foto: Erika Tola

Per seguire Erika:

 

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