Autore Topic: Prima dello stallo  (Letto 13240 volte)

mariolino

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Prima dello stallo
« il: 06 Ottobre 2011, 14:10:18 »
Forse non è giusto che Vi scriva.
Forse farei meglio a leggere attentamente gli sfoghi di tutti Voi, convinto capirei l'insensatezza nel ritrovarmi qui a sbattacchiare in modo stanco con le dita sulla tastiera.
Forse dovrei continuare in silenzio a vivermi addosso ...... comprendendo che anche a 50 anni la vita ha un senso.
Moderato e preciso imprenditore di mezz'età, socialmente ed economicamente arrivato, fermo nelle idee e nei principi, ma con un crescente e segreto senso di vuoto al quale non trovo più soluzione.

Vorrei tanto vivere così ...... libero da tutto e da tutti.

Purtroppo fatico a capire cosa realmente significhi .....

help  ???

VoglioVivereCosì53

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #1 il: 06 Ottobre 2011, 15:38:24 »
Benvenuto Mariolino nel forum di quelli che cercano di scappare...
Il tuo senso di vuoto da quale situazione deriva?
Cosa ti ha portato a considerare che la tua vita sente di non avere sbocchi al di la dei traguardi che hai gia' raggiunto? Socialmente arrivato significa che sei una persona conosciuta e rispettata da tutti quelli che incontri a casa, al lavoro, per la strada? Hai una famiglia, figli, nuore e nipoti? Economicamente arrivato vuol dire solo che non hai bisogno di scappare per ricrearti una vita migliore dal punto di vista finanziario, semmai sarebbe il contrario.

Forse, dico forse ho capito il tuo malessere.

Tu che hai avuto molto dalla vita ora senti il bisogno di rimetterti in gioco, magari ricominciare ma nello stesso tempo ti rendi conto di essere in una gabbia dalla quale difficilmente puoi uscire, la gabbia della famiglia, di una cerchia di amici, dell'essere riconosciuto ed apprezzato dalla gente che incontri.
Da qui ti senti a disagio, con quel senso di vuoto che ti opprime, toglie l'aria.

La soluzione?
Dipende da quello che ti sentiresti di fare.

Il mio consiglio?
Parti, lascia i problemi a casa e vattene in Africa, in una zona sperduta dove la gente muore di fame, unisciti ad una di quelle org no profit che stanno cercando di arginare il problema della malnutrizione, rimboccati le maniche e dai loro una mano. Non sono i soldi che potrai donare se lo vorrai, che ti daranno le soddisfazioni che cerchi, ma la soddisfazione di aver dato un aiuto a chi realmente ne ha bisogno e l'unica sensazione di vuoto che provano e' quella dello stomaco.

Auguri!

mariolino

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #2 il: 06 Ottobre 2011, 16:30:13 »
Grazie caro, indubbiamente il mio sfogo ti potrà sembrare l'annoiato sbadiglio di un benestante .... e forse lo è anche, come in tutte quelle situazioni, inspiegabili, che portano poi ad azioni considerabili "insensate" da chi ti circonda e da chi ragiona con il giusto "equilibrio".
Si soffre, chi più, chi meno, ma si soffre.
L'essere "umani" è un regalo dannazione di una natura giocherellona e sadica.
Parli di popoli che ancora muoiono di fame, pur sapendo che quella gente è mantenuta appositamente in quello stato di povertà. Mi chiedi di partecipare ad una forma di missione laica no profit quando sai che ciò è la soluzione più sbagliata per quei popoli essendoci ormai prove che lo attestano, l'attenzione dell'occidente con la relativa imposizione culturale ha rotto un equilibrio millenario che andava lasciato a se stesso.
..... qui interrompo perchè è un argomento che mi tocca negativamente e non m'interessa trattare per la coscienza di quella sporca matrice politico economica che sta dietro a tutta quell'ingiustizia.

Il mio iniziale intervento era relativo al "modesto" desiderio di capire se mi è ancora possibile togliermi questa bella e colorata maschera che mi sono costruito addosso in tanti anni adoperati per inseguire la felicità.
..... la mia paura, ora, è scoprire che la felicità non esiste e che tanto ho fatto ed è stato fatto per il nulla .....

Vorrei fuggire .... si .... ma da me stesso ..... forse

mariolino

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #3 il: 06 Ottobre 2011, 16:50:24 »
Scusa lo sfogo. Come avrai intuito sto vivendo un momento molto delicato della mia vita. Solitamente la depressione è legata ad aspetti negativi, che siano legati alla salute alla famiglia o al lavoro e scrivere depressione riferendolo al mio stato è per me già un enorme passo avanti.
Non ho problemi, ho una bella famiglia, passioni sportive e come già detto, non ho problemi economici.
Sono solo alla disperata ricerca di una persona che sia nella mia identica situazione emotiva, con la quale non debba giustificare uno stato perchè già cosciente di cosa si tratti, una persona sola anche se circondata da tanto.
.... capisci?
forse cerco solo una conferma ... che cavolo ne so!
Grazie per l'attenzione.

Gaudente

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #4 il: 06 Ottobre 2011, 18:12:26 »
Purtroppo fatico a capire cosa realmente significhi .....
Ti do qualche indizio.
Significa non dover tenere ne' la contabilita' ordinaria ne' il registro IVA.
Significa non dover compilare il modello Unico ogni anno
Significa non dover correre ogni mese in banca a versare l'F24
Significa non dover stare ad impazzire con gli studi di settore e tutte le altre follie che i ladroni del governo si inventano per derubarti

Ti ho messo sulla buona strada ?  ;D

Gaudente

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #5 il: 06 Ottobre 2011, 18:17:35 »
Non ho problemi, ho una bella famiglia, passioni sportive e come già detto, non ho problemi economici.
Insomma ti rompi i maroni alla grande.
Per spezzare la routine, che ne dici di caricare qualche rumena sulla circonvallazione ?  ;D

mirko343434

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #6 il: 06 Ottobre 2011, 18:56:28 »
Non ho problemi, ho una bella famiglia, passioni sportive e come già detto, non ho problemi economici.
Insomma ti rompi i maroni alla grande.
Per spezzare la routine, che ne dici di caricare qualche rumena sulla circonvallazione ?  ;D

.....AH,AH,AH.....DAI GAUDENTE...PENSO STIA PARLANDO SERIAMENTE....

Ghibli

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #7 il: 06 Ottobre 2011, 19:21:05 »
secondo gaudente basterebbe quello x risolvergli i problemi, lo avrebbe già fatto non credi, così a portata di mano poi figuriamoci. come possiamo comprendere che cosa gli passa x la testa a mariolino, solo lui sa cosa cerca, se non lo sa lui, io lo so cosa cerco e ognuno sa cosa cerca dalla vita, anche lui lo sa, e non lo capiremo mai se non ce lo dice espressamente.

mariolino

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #8 il: 06 Ottobre 2011, 20:28:46 »
ok ragazzi .... mi sono riletto, che pena, al vostro posto avrei usato un sarcasmo addirittura più pungente. Per la rumena no problem gaudiente, è un capitolo già inserito da tempo, ma come tanto altro, purtroppo, è solo superficialità.
Cerco ... sto cercando ... ciò che sta scomparendo in me, quel senso delle cose che ti riempie, anche se per un breve periodo ... l'intensità.
Penso sia legato all'età, a quando decisi di tirare i remi in barca dedicandomi doviziosamente a ciò che è giusto e bello per il pensiero comune e per chi ti circonda. Così, senza neanche accorgermene, il tempo è volato, tutti felici ed io vuoto dentro, dietro la mia bella maschera.
Non mi crederete ma è difficile tornare se stessi quando ci si accorge che non lo si è più.

Ghibli

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #9 il: 06 Ottobre 2011, 20:43:26 »
ti capisco benissimo, quel senso di vuoto non ce l'hai solo tu, almeno lo avverto pure io sicuramente da 1 po' di tempo, non anni ma mesi, e anche il mascheramento tutto uguale, quando vado a lavorare so benissimo di non essere me stesso ma di avere 1 maschera, credo che in parecchi proviamo queste sensazioni verso i 50, io non posso fare altro che capirti e sto cercando come te di riempire questo vuoto e di tolgliermi questa maschera, ecco perché si cerca una vita con altri ritmi e magari + a contatto con la natura, invece noi mangiamo stress e cemento tutti i giorni, non ci cibiamo d'altro.

attila

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #10 il: 06 Ottobre 2011, 21:40:21 »
Bè...per me devi lavorare meno e dedicarti di più alle tue passioni.
Se non ne hai ( a volte succede dopo anni di lavoro e di annichilimento  sociale) sperimenta.
Buttati in situazioni per te nuove e osservati. Come reagisci? Cosa ti fa star bene? Cosa ti urta? Sei capace di stare solo? Insomma dovresti iniziare un lavoro su te stesso.


VoglioVivereCosì53

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #11 il: 07 Ottobre 2011, 05:06:03 »
Ed eccolo un po' di sano egoismo, ho tutto quello che volevo nella vita, mi sento vuoto e cerco una soluzione ma.... rinunciare a quello che ho per ricominciare a vivere non e' quello che voglio.
Caro mio, se sei messo cosi' e' difficile riempire quel senso di vuoto.
Hai bisogno di sensazioni forti che non rientrino nella prassi della tua monotonia quotidiana, se non riesci ad uscire dalla gabbia dorata che tu stesso hai creato non credo riuscirai mai a riempirlo.
Ti mancano gli stimoli, prova a cercarli negli altri, scendi dal piedistallo che tu stesso hai creato e guardati attorno, gli stimoli verranno da se.

mariolino

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #12 il: 07 Ottobre 2011, 10:55:37 »
Vediamo chi ha il coraggio di leggerlo tutto  8)
E' il racconto di un particolare momento che ho vissuto a ottobre 2008, spero di non farVi addormentare …..

La sensazione è la stessa di ieri, mi alzo stanco dal letto e come un automa che si porta a fatica, strisciando le ciabatte mi dirigo verso il bagno. Appoggiato con le mani sul lavabo fisso le rughette infide, le occhiaie sgradevoli e quello sguardo spento classico di una persona eternamente stanca, oltre al pallore classico del fumatore incallito, non vedo altro.
E’ domenica, malgrado vorrei istintivamente tornare in letargo sotto le lenzuola, ho ancora quel residuo di stimolo che mi spinge a vestirmi per la gara. Grande passione maturata negli anni, motivo principale di affermazione personale e di sano svago. Sport allo stato puro, ambìto, desiderato tutta la settimana quasi come un bimbo in attesa del dì di festa.
Ma sono ancora lì immobile, a guardarmi con poca voglia di radermi e lavarmi. Fermo come fossi incollato al mio stesso sguardo costantemente triste e neutro.
Non è sforzo da poco essere pronto in 30 minuti e partire per la zona di gara. Tutti presenti gli immancabili amici di sempre, ancora prima di posteggiare l’auto mi salutano gioiosi e scherzosi. Poveri illusi, allegri del niente, stolti, ignoranti.
Come da previsione la gara è un disastro, il nervoso per la mancanza di concentrazione mi ha gonfiato il fegato. Non ho altra meta e desiderio che sedermi a tavola in quell’accogliente taverna dal caratteristico soffitto in legno. Mi circondano rumore, scherno, contentezza, con un finto sorriso a mezza bocca, sorseggio golosamente un amabile vino rosso.
 E’ mezzanotte ormai, dei numerosi commensali non restiamo che in quattro superstiti. I temi sono più seri, ora, ma sempre orientati alla giornata sportiva. Impassibile osservo con finta attenzione le loro bocche che parlano ancora motivate.
Ciao ragazzi, vado.
Senza attendere oltre mi alzo quasi di scatto, barcollando per quei bicchieri di troppo mi accosto all’uscita. Un freddo vento colpisce il viso svegliandomi dal torpore. Il dado è tratto, con serena andatura voglio partire per migliori lidi.
Quanto ho sognato questo momento, ho guidato tutta la notte ed eccomi all’alba nella ridente Val di Fassa in Trentino.
Solo ora mi rendo conto di ritrovarmi a cinque ore da casa mia, vestito in tuta sportiva, sporco e puzzolente per lo sforzo sportivo del giorno prima e senza null’altro che la mia carta di credito ed un pacchetto di sigarette.
Il telefonino l’ho spento la sera prima, niente deve inserirsi fra me e ciò che mi aspetta. Stranamente sereno mi adopero per vestirmi in modo consono, visito un paio di negozi ed eccomi presentabile per l’albergo che avevo addocchiato entrando nel paese di Canazei. Una signora dall’età indefinibile mi accoglie con relativa freddezza, la stagione e quasi finita, capisco la stanchezza interiore di questa gente che ha dovuto sopportare turisti di tutte le risme, senza indugiare chiedo una stanza ed dopo qualche minuto mi ritrovo sdraiato sul un letto profumato ad osservare il soffitto. Ed ora che faccio?

Mi sono ripromesso di spegnere quella parte di cervello che mi tiene legato alla famiglia, al lavoro, agli amici. Con lo sguardo al soffitto mi rendo conto che non rimane molto da pensare, mi addormento quasi subito senza rendermene conto.
Il rumore di un pullman dalla strada sottostante mi risveglia bruscamente, intorpidito dalla precedente notte anomala, fatico a muovermi, l’orologio indica che è pomeriggio inoltrato.
Ho sempre parlato molto con me stesso, forse mai profondamente, ma ho una certa abitudine nell’interrogarmi. Ora sono qui, intenzionalmente, occasione forse unica per gustarmi la solitudine relativa, quel distacco dagli affetti, dagli impegni e da tutto ciò che è quotidiano.
Una doccia bollente mi risveglia infondendomi quel senso di piacevole calore nelle ossa. La camera è molto accogliente, ma solo per il fatto che è fatta di muri, soffitto e pavimento, mantiene quella forma di sicurezza istintiva derivante dal senso protettivo della caverna dei nostri avi. Questa riflessione mi spinge a vestire con impeto per uscire in cerca di nuovi stimoli.
Passeggio mani in tasca per le vie dell’accogliente Canazei, un negozio espone cartine della zona, sono tracciati tutti i sentieri più frequentati, ecco come dedicherò il tempo necessario alla "disintossicazione", camminerò tanto per farlo, guardando e godendo le bellezze naturali.
Preso da questa nuova intenzione, mi appresto allo studio della cartina seduto su una panchina in legno incisa di fiori e figure di animali. Non conosco questi posti, non so dove sono né perché sono qui, ma voglio approfittarne.

Tornato in albergo ho solo il tempo per un’altra doccia bollente per poi potere gustare le specialità locali.
Stanza 304 signora, dove posso accomodarmi per la cena? Vengo subito accompagnato in una saletta interna e fatto accomodare nell’unico tavolino per singoli. L’imbarazzo iniziale è il sentirmi addosso gli occhi degli altri commensali, famiglie o coppie che parlottando cercano giustificazione per una persona ancora giovane e dall’aspetto distinto, seduta sola mentre con occhi seri analizza le particolarità di quel locale caratteristico, cercando di non incrociare gli sguardi curiosi. Non è un albergo per viaggiatori, né io ho il comportamento da rappresentante. Questa constatazione mi fa agire nel modo più sciocco, come ad esempio leggere con attenzione quanto scritto sulla busta dei grissini torinesi e sull’etichetta della bottiglia dell’acqua.
Intenzionalmente svuotato dai pensieri logistici, quando ormai vedo scemata la curiosità dei diversi volti, inizio con la coda dell’occhio ad analizzare ogni tavolata. Mi diverte supporre il motivo della loro presenza. Quella giovane famiglia, lei molto grassa, con una vivace bimba di pochi anni, non può essere qui per salite alpinistiche e neppure per lunghe passeggiate. Immagino i nonni qualche giorno prima consigliare i ragazzi di portare la bimba in montagna perché "c’è l’aria buona" e loro, annoiatissimi, ora sopportano la settimana regalata per il bene della figlioletta affogandosi nel cibo, unico momento piacevole della giornata.
Quell’austriaco del tavolo di fronte, anche non avesse parlato avrei riconosciuto le origini sue e della moglie, il viso ed il fisico sono una identificazione chiara per certi popoli; è quasi divertito quando fatica ad intendersi con la cameriera Italiana di origini meridionali perché gesticolando con discrezione ha modo di esprimere sillabando il poco Italiano che conosce.
Realtà, vite, ognuna apparentemente anonima ma sicuramente fatta di tanto ed io sono fra queste entità.
L’ultimo sorso all’immancabile grappa mi consente di alzarmi per andare in camera. Buona sera signori …. un vociare tra saluto e sorpresa mi accompagna mentre esco dal locale.

E’ l’alba, le prime luci del giorno entrano timide dalla finestra, indossato un buon completo da trekking acquistato la sera prima, eccomi perfettamente inserito nell’atmosfera del camminatore. Con l’auto raggiungo il passo Pordoi, l’aria è penetrante, d’altra parte è molto presto. D’istinto mi infilo in uno dei due bar presenti al passo. Un buon caldo caffè non può che darmi ulteriore stimolo, provo ad abbozzare le mie intenzioni alla signora dedita al bancone, ma capisco subito che il suo rispondere è abituale, annoiato, poche parole di commenti sui percorsi ripetute mille volte, lei vorrebbe che parlassi di mare, di sabbia calda, di discoteca. Quasi come per rispetto, mi zittisco abbassando gli occhi per concentrarmi sulla tazza.
Il passo è a 2200 metri di quota, ad ottobre di prima mattina fa veramente freddo, stringo i bastoncini avviandomi per la mulattiera che mi porterà dove voglio, verso quell’evidente canalone di ghiaia che molto più in alto si inserisce fra due enormi pareti di rocciosa dolomia. La salita si sviluppa in un colatoio di pietre, miliardi di piccole pietre che nei millenni si sono staccate rovinando a valle. Un continuo zigzagare di sentiero gradualmente sempre più ripido e meno evidente. Ora che sono più vicino l’immagine di queste imponenti pareti mi mette soggezione, proseguo lentamente, non ho fretta, cerco di cogliere ogni sensazione che mi tocchi l’animo. Raggiunto il colletto ho qualche problema nel proseguire per la destinazione scelta, la punta Buè. Una recente nevicata, gelata dalla fredda notte, rende il percorso infido e pericoloso senza la giusta attrezzatura, perché sto camminando con delle adidas da corsa, non mi resta che sedermi ad ammirare il panorama in attesa che i raggi del sole rendano molle e calpestabile quella lingua di neve che dovrò oltrepassare.
Silenzio.
Profumo di roccia.
Vento freddo.
Mille pensieri mi si insinuano durante quella sosta forzata, guardo in basso scorgendo le minuscole abitazioni sparse nella valle, poi lentamente, alzando lo sguardo, ammiro i monti di fronte dei quali non conosco il nome, per poi andare oltre, alla catena montuosa appena dietro e poi ancora a quell’altra fino ad arrivare con l’immaginazione alle mie montagne, quelle di casa mia. Subito una forte commozione mi blocca il respiro, senza volerlo, senza esserne pronto, inizio a lacrimare. Trovo piacevole sentire quella leggera pressione all’altezza dello sterno, i singhiozzi che man mano si fanno più violenti per poi lasciarmi andare in un pianto aperto, libero, li sento come fratelli in aiuto.
Sono solo, a 3000 metri di quota, in mezzo al niente, lontano centinaia di chilometri da casa e sto piangendo come un bambino.
La serenità del sentire scemare lentamente un atavica tensione interna, quel cercare di amplificare l’emozione del pianto tramite ricordi famigliari, visi amati, mi fa sentire meno solo. So di essere con me stesso.
Come una luce che mi si avvicina, inizio a vedere un percorso nuovo.
Mai provata un emozione così intensa, così naturale, senza surrogati esterni. Le lacrime diventano incontrollabili, non faccio niente per limitarle. Grido molto forte, un urlo, non di dolore, neanche di richiamo. Un urlo di liberazione come se tramite i polmoni emettessi gran parte del nero che sento dentro. Erano anni che non urlavo così forte, erano anni che non piangevo così tanto.
Avrei voluto quel mio momento per sempre.

...... segue

mariolino

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #13 il: 07 Ottobre 2011, 10:56:45 »
.....continuo ......

E’ solo salendo le scale per raggiungere la camera d'albergo che mi rendo conto della profonda stanchezza di questa giornata, di uomo svuotato, un misto di spossatezza fisica ed interiore.
Sono vuoto di tutto, come una batteria scaricata volontariamente e pronta per una nuova importante e completa ricarica. La doccia bollente che ormai considero amica fedele ed il letto, utile medicina per la mia schiena, mi danno modo di ritrovare parte dell’energia. Mi addormento subito, come un bimbo, come non mi accadeva da molto tempo. Il risveglio non è dei migliori, ho sognato, un brutto sogno fatto di accadimenti spiacevoli misti ad un forte senso di abbandono. Mi appresto a forzare il corpo per tornare alla normalità, è ormai sera, è ora di cena, la curiosità di approfondire ulteriormente la conoscenza dei visi estranei nella sala ristorante, mi stimola ancora più di ieri a scendere nel locale.
Entrando in sala mi appresto a salutare con il mio abituale vezzo, "Signori, buona sera". Tanti volti volgono subito nella mia direzione, contemporaneamente, lo scontato eco di saluti con pronunce e velocità diverse mi accompagnano mentre siedo al mio posto.
L’analisi è meno accurata della sera prima, l’attenzione mi si ferma su tre ragazzi dai visi identificabili per l’origine tedesca. Mi viene confermata la loro origine quando al vedere il loro impegno nel documentarsi su una via di salita alpinistica, consultando una cartina che faticano a gestire per le dimensioni, intervengo chiedendo le loro intenzioni per il giorno successivo. Fortunatamente uno dei tre mastica un Italiano relativamente comprensibile, mi invitano al tavolo e così posso sapere che stanno perfezionando l’attacco al sasso lungo, una via alpinistica di tutto rispetto su uno sperone della montagna. Il dialogo prosegue con vero coinvolgimento e con l’invidia degli altri avventori che, annoiati, avrebbero sicuramente gradito la mia presenza al loro tavolo. D’altra parte ho arrampicato molto in passato, salendo vie alpinistiche di tutto rispetto sia sul monte bianco che nelle alpi svizzere del Furka e del Grimsel. Facciamo conoscenza in men che non si dica perché fra alpinisti esiste un istintivo scambio di codici identificativi che non vengono riconosciuti dai “finti alpinisti”. Solo dopo una ventina di minuti di piacevole dialogo, mi sento coinvolto nel gruppo.
Domani parteciperò al loro attacco, non per la salita alpinistica, anche perché non provvisto dell’adeguata attrezzatura, ma per l’avvicinamento alla parete che comporta comunque un impegnativo percorso. Mi ha fatto molto piacere il calore del loro invito, l’evidente piacere di avermi come compagno di avvicinamento.
Una birra in loro compagnia nell’unico locale aperto in quel paesino sperduto e poi il saluto. Voglio essere in forma per il mattino successivo, spiego loro; mi conosco, se non riposo adeguatamente rimango intontito vanificando gran parte della gioia nell’esperienza montana.
L’emozione di sentirmi aggregato a ragazzi dall’evidente capacità e conoscenza tecnica e di ben 10 anni più giovani di me, mi riempie di orgoglio. Mi rendo conto che il racconto del mio passato alpinistico ha instaurato, nei miei riguardi, una forma di rispetto. E’ molto piacevole sentirsi così apprezzati.
Il mattino seguente, di buon ora, mentre saliamo il sentiero che porta alla base della parete, continuo con i racconti del mio passato abbozzati la sera prima, descrivendo in modo goliardico mie esagerazioni e gli azzardi rischiosi vissuti solo perché più giovane, scapestrato e motivato.
Lì osservo con un poco di invidia, mentre all’attacco della via si preparano con concentrazione; mentre salgono con movimenti precisi sulla parete verticale li osservo in apprensione, quasi fossi un fratello, un padre, vigile dei loro gesti. Quell’eco metallico dell’attrezzatura contro la roccia riaccende forti emozioni.
Bravi!!! come avevo immaginato, la capacità tecnica è elevata ed in breve li vedo scomparire a destra di un diedro.
Tornato alla mia solitudine, mi accingo verso valle salutandoli mentalmente.

Ora, solo soletto con passo lento seguo la traccia di sentiero che scende serpeggiando. Gli scarponi nuovi, acquistati per l’occasione, si fanno sentire riportandomi alla realtà, esco volontariamente dalla traccia per seguire in discesa un manto erboso molto particolare, quasi un muschio, verde intenso con radi secchi fiori senza gambo, paesaggio piacevole dove il camminarci sopra mi fa sentire soffice e leggero. Proseguo rallentando ulteriormente, come a volere ritardare la fine di quel lungo percorso in discesa. Mi siedo su una roccia cercando di annusare l’aria fresca per gustarla e memorizzarla. Di fronte una grande distesa di erba corta e robusta e deve esserlo per resistere mesi sotto una pesante coltre di neve invernale. Erba atavica, la stessa che videro i primi uomini che raggiunsero a piedi questi luoghi. Uomini ricoperti di pelli, con un bastone lungo alla cui estremità era fissato un selce affilato, sicuramente cacciatori ed esploratori, perciò presenti solo per necessità. Quanto mi piacerebbe intuire cosa pansassero quando divallando videro ciò che io, ora, sto guardando. Chissà se anche loro avessero piacere nel sedersi un attimo, con la scusa di rifocillarsi e riposarsi e guardassero oltre il proprio sacco dei viveri. Se così fosse, cioè se l’uomo fin dalle prime origini avesse la capacità di estasiarsi per il bello che la natura offre, pensare a quanti uomini si sono succeduti in questo posto nei millenni, nel posto in cui io siedo, ora, guardando ciò che io guardo con la visione interiore, mi riempie di calore per l’umanità e mi conferma che non sono solo, che sicuramente fra i tanti, molti avevano i miei stessi pensieri, gli stessi dubbi e le stesse convinzioni.
Ora anch’io guardo nel sacco, per addentare quel mezzo panino torturato dallo zaino ma dal sapore unico, qui.

Rientrare in albergo è come arrivare a casa dopo una abituale camminata in montagna, chiudo la porta della camera e mi sdraio per riposare la schiena lasciando liberi i pensieri.
C’è tutto qui, le travi in legno del soffitto che rendono l’ambiente famigliare, la moquettes rosso scuro, la televisione spenta.
Mi manca incredibilmente quella giovane donna dagli occhi da cerbiatto, vorrei fosse qui con me.
Mentre ci gioco e lo manipolo con cura, la tentazione di accendere il telefonino è molto forte e così cedo. Sento una strana tensione mentre si illumina il dispaly, oltre alle decine di messaggi che subito appaiono ecco la chiamata che attendevo, so che in questi giorni il telefonino è stato il suo unico compagno e immagino le decine di volte che ha guardato nello schermo sperando in un mio messaggio. Guardo il numero, il nome di lei, odo gli squilli ripetuti come martellate in testa, attendo, spengo senza rispondere appoggiandolo sul comodino come fosse un tizzone bollente. So di essere ancora lungo il mio percorso, non posso ricevere input esterni che sicuramente comprometterebbero tutto interrompendo il naturale decorso di questo mio isolamento voluto. Ho spento, sapendo che lei ora piange, vedendo quelle lacrime scendere dal viso fra le mani, intuendo la sua disperazione per coscienza di avere fallito qualcosa. Ho spento ma ho un pugnale nel petto ora.
Non mi resta che l’adorata doccia bollente, un ora di sonno e la cena con i curiosi di turno.

Aprire gli occhi e scoprirmi solo nel letto acuisce quel senso di solitudine legato al distacco da un abitudine legata agli anni di matrimonio. Mi alzo a fatica ancora intorpidito dello sforzo fisico del giorno prima. Il programma della giornata sfuma nel momento che mi affaccio alla finestra, una leggera pioggerella cambia completamente il paesaggio della sera prima. Lo specchio del bagno riflette un viso nuovo, mi sorprendo della differenza dall’ultima volta che con attenzione mi sono guardato, lo scomparire della maggior parte delle rughe mi fa sentire carico di vita.
Non avendo alcuna fretta, riesco a gustarmi una sostanziosa colazione, cercando di approfittare il più possibile del buffet dell’albergo.
“Signora, buongiorno, mi prepara il conto?” Con queste parole ho deciso di spostarmi per raggiungere un altro luogo incantevole. Colgo l’occasione di una giornata piovosa per trasferirmi in un'altra località.
I ricordi di un campeggio vissuto molti anni fa al lago di Misurina mi fanno decidere per quella meta.
Mi affaccio al lago dopo una lunga serie di curve e tornanti, incantevole visione, scorcio naturale in ambiente dolomitico, abeti e pini ormai predisposti all’inverno, con quelle chiome che dal verde si portano al rosso ed al giallo. Le colorazioni della superficie lacustre in un misto fra rifrazione delle alghe dal fondo ed il riflesso dei contorni naturali. Un paradiso in terra.
Mi appresto ad entrare nell’unico bar disponibile per chiedere subito informazioni. Bassa stagione o meglio stagione estiva ormai finita, periodo di transizione in attesa di quella invernale. Con un piacevole sorriso, la signora al bancone, mi indica l’unico albergo disponibile, uno stabile sulla riva del lago, due piani di abitazione, al piano terra il ristorante e la cucina ed al piano superiore sei camere quasi tutte libere.
Entusiasta della posizione panoramica che il balconcino in legno consente verso la visione del lago e della valle, senza tentennamenti, prenoto una stanza.
Un altro ambiente accogliente, ben curato nei particolari e molto pulito. Sono sereno mentre mi addormento sul comodo letto in attesa della sera.
Le tre cime di Lavaredo, famosissime perciò obbligatoria gita di domani. La cartina aperta sul letto evidenzia i sentieri con i relativi numeri. Mi sento in forma fisicamente, domani unirò due gite in una raggiungendo il passo del diavolo, per poi ridiscendere e con un lungo sentiero in piano raggiungere quello che conduce con comoda salita alle tre cime.
La gustosissima cena è solo un preludio di quanto mi aspetta domani, addento con piacere quei sapori, pieno di quell’entusiasmo che non provavo da molto.
(Il sabato del villaggio … grazie Giacomo)

Il bosco di questi luoghi è la concretizzazione delle favole. Tutto sembra messo appositamente da madre natura per addolcire l’animo del viandante sensibile.
Dopo essermi messo in qualche difficoltà nel volere raggiungere a tutti i costi il passo del diavolo, difficoltà dettata da un percorso finale non facile e poco intuitivo. Mi sono apprestato a ridiscendere attraversando nella parte più alta possibile la valle per accedere in quella che porta alle tre cime.
Le tre cime di lavaredo, affascinanti monoliti consumati dalle intemperie e dalle fotografie dei turisti. Che dire d’altro. Veloce tour perimetrico alla fantozzi, accodandomi a corpose, rumorose, ridicole persone con calzoni alla zuava, calzettoni stile anni settanta e scarponi rigidissimi rigorosamente in pelle sicuramente motivo di profonde vesciche. Per poi fermarmi nella piana a sud, lontano dal flusso dei turisti, per contemplare in solitudine la cattedrale.

Altra particolarità del mio momento è l’essere senza macchina fotografica. Tutto deve rimanere solo nella mente ed in queste poche righe. Un esperienza, ripeto, unica e importante. Ma della quale non voglio altro che ciò che ho dentro e quello che state leggendo. Di foto ne ho molte, di tutte le mie escursioni in montagna, ma non questa.

.... è ormai sera quando rientro in albergo, mi rendo conto che mi sento incredibilmente vuoto senza di lei, un sms anticipa il mio ritorno a casa. …….. TI AMO …….

Fine


gioviale1956

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Re:Prima dello stallo
« Risposta #14 il: 07 Ottobre 2011, 12:40:37 »
Una persona depressa non fà sport , poi a me la montagna deprime molto specialmente in inverno , solo tu sai qual'è il tuo male interiore ,non credo che ci  sia qualcuno su questo forum in grado di capirti , forse qualche strizzacervelli o forse neanche quello....saluti.