Da Milano agli Stati Uniti senza più voltarsi indietro
di Enza Petruzziello
Ricominciare una nuova vita a Miami, con le proprie forze, la propria professionalità e tanta voglia di imparare e crescere. Perché se è vero che l’America è la terra delle opportunità, è anche vero che solo una donna determinata riesce a farsi strada da sola ed avere successo.
E Lucia Marinelli di strada ne ha fatta davvero tanta, da quando per la prima volta è arrivata nella meravigliosa città della Florida, famosa per il suo sole, le sue spiagge e uno stile di vita glamour e rilassato. Milanese, con origini pugliesi (entrambi i genitori erano della Puglia), Lucia ha 52 anni e due figli splendidi che sono da sempre il suo orgoglio: Nicole che vive a Milano con il suo compagno Teo e il piccolo Leo, e Michael che è adesso con lei a Miami, sta studiando inglese e spera di seguire l’esempio di sua madre.
Certo, gli inizi per Lucia negli Stati Uniti non sono semplici. La sua idea era di aprire una lasagneria e così, supportata dall’ex marito Michele, parte per Miami con un visto business che l’ambasciata concede solo a quanti hanno un progetto realmente valido. E quello di Lucia lo era. Piena di speranze e con i figli ormai indipendenti, fa le valigie e dice addio all’Italia. I primi mesi sono tutti incentrati alla realizzazione della sua attività, ma qualcosa va storto. Si fida di una persona sbagliata e il progetto si ferma, ma non si annulla.
Con tanta caparbietà nel novembre 2017 inaugura “Prima Lasagneria Italiana” che presto, con l’arrivo del suo socio Juan Pablo Peñaloza, diventerà “Made in Italy”, oggi punto di riferimento per quanti a Miami vogliono gustare il vero cibo italiano. Tutte le ricette sono, infatti, il risultato di un mix di arte, amore ed esperienza della cucina artigianale.
Anche lei in questi giorni costretta al lockdown per colpa del Covid-19. L’abbiamo contattata ed ecco cosa ci ha raccontato della sua esperienza a Miami.
Lucia chi ti ha trasmesso la passione per la cucina?
«Mia mamma Jolanda era cuoca e mio padre Leonardo rappresentante di ceramica. La passione per la cucina l’ho ereditata naturalmente da mia madre che era la migliore cuoca del mondo. Lei aveva un tocco unico e originale in tutte le cose che faceva. È stata la mia guida (n.d.r. si commuove quando ne parla). Da buona pugliese faceva tutto a mano, e ha saputo trasmettermi la passione per il mangiar bene e la buona cucina».
Che cosa ti ha spinto a trasferirti negli Stati Uniti?
«Tutto nasce diversi anni fa, quando ho l’opportunità di soggiornare a Miami per tre mesi e di capire se effettivamente aprire una mia attività fosse la scelta più giusta. Con l’aiuto del mio ex marito, esperto di marketing, ho iniziato a studiare il mercato e redigere un progetto da presentare all’ambasciata americana per ottenere un visto business. Visto che ho ottenuto facilmente grazie alla mia idea. Il mio progetto, infatti, è piaciuto fin da subito perché prevedeva il coinvolgimento delle scuole. In America purtroppo c’è un problema di obesità, e nel planning era inclusa anche una lasagna dietetica, lezioni di educazione alimentare per i più giovani e un opuscolo sulla sana alimentazione da diffondere nelle scuole.
Così, dopo aver ottenuto i permessi, nel novembre del 2015 faccio le valigie e parto, concordando il tutto con i miei due figli che all’epoca avevano 21 e 23 anni, ma già autonomi e indipendenti».
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In Italia di che cosa ti occupavi e perché tra tante città del mondo hai scelto proprio Miami?
«Avevo un “Paolino, il Mago dello spiedino”, il secondo più grande d’Italia situato all’interno di un Carrefour a San Giuliano Milanese. Lo abbiamo gestito per tanto, ma non ho mai voluto restare realmente in Italia. È con Miami che ho sempre avvertito un legame, una sorta di karma. La prima volta che ho visitato la città avevo 38 anni, sentivo l’esigenza di capire che cos’era e perché ne parlavano tutti. E da allora ho sentito sempre il bisogno di venirci, anche solo per una breve vacanza. Credo nella legge dell’attrazione (The Secret) nella mia testa proiettavo il mio futuro a Miami e alla fine ho raggiunto il mio sogno. E oggi posso dire che mi sento molto più a casa a Miami che a Milano».
Miami è un posto alla moda, perfetto per i giovani ma anche per le persone di una certa età. Per molti è magica, un piccolo paradiso per vacanzieri e turisti. Ma come è vivere da residenti qui?
«Miami è una città cara, molto cara. I servizi sono il top e ce ne sono tantissimi. Una persona può rimanere a casa e vivere tranquillamente, perché tutto qui è a domicilio. Puoi ricevere ogni prodotto online, puoi lavorare da casa tranquillamente, e in ogni palazzo ci sono palestre e altri tipi di comfort. Faccio un esempio banale. Desideri provarti dei vestiti ma non hai tempo di andare in negozio? Qui te li mandano a casa, li provi e poi scegli cosa comprare.
Miami ha davvero tanti lati positivi: è una città ultramoderna, tutto è aperto 24 ore su 24, non hai problemi di orari, la gente spende per bere e mangiare. Ci sono moltissimi eventi tra musica e sport. C’è il mare e quando vuoi puoi andare in spiaggia. La vita, inoltre, è molto più easy. I servizi alla persona sono tantissimi e anche le persone sono molto gentili e affabili».
E gli aspetti negativi?
«Tra gli aspetti negativi c’è sicuramente il sistema sanitario, il cui costo è davvero molto elevato. Indispensabile dunque è avere l’assicurazione medica. Un mio amico si è rotto un polso e ora deve pagare più di 35 mila dollari all’ospedale perché non aveva l’assicurazione.
Per quanto ci sia sempre un clima mite, a volte le condizioni atmosferiche possono essere estreme, con uragani improvvisi. Un ultimo aspetto, infine, che non sempre mi piace è la lentezza dei latini e la loro scarsa puntualità. Da milanese faccio ancora difficoltà ad abituarmi. Per fortuna questa loro leggerezza li porta ad essere tranquilli anche nei rapporti interpersonali e sono gentili e disponibili».
Torniamo ai tuoi inizi a Miami. Dopo essere partita dall’Italia che cosa è successo?
«Arrivo a Miami supportata inizialmente da una persona, conosciuta grazie ad un mio amico italiano che vive qui, che aveva promesso di aiutarmi, ma l’idillio dura pochi mesi. Fortunatamente sul mio cammino incontro Stefania Pittaluga, moglie del famoso DJ Marco Mazzoli e Marketing Director dello Zoo di 105 a Miami, che mi sostiene tantissimo soprattutto per il marketing. Insieme troviamo un locale, “8 1/2 Caffè & Bottega”, con cui inizio una collaborazione vendendo le mie lasagne. Nel frattempo mi iscrivo a scuola di inglese per perfezionare la lingua e imparo anche lo spagnolo, fondamentale per chi vive a Miami dove la comunità latina è molto numerosa. Metto in stand by il progetto della Lasagneria e cerco un lavoro, senza rinunciare però al mio sogno».
Che cosa succede poi?
«Inizio a lavorare per “La Centrale”, uno dei ristoranti più grandi e di alto livello a Miami che proprio in quel periodo stava cercando personale per l’imminente apertura dove mi offrono la posizione di “pasta maker” per tutti e 5 i ristoranti. Accetto subito, anche perché questa esperienza avrebbe potuto aiutarmi molto nel mio progetto. Dopo appena un mese divento responsabile di tutto il laboratorio e così per un anno e mezzo. Cambiata le gestione, però, decido che è arrivato il momento di andare via e realizzare il mio sogno».
Sogno che si avvera con il food truck “Prima Lasegneria Italiana” che, con l’arrivo del tuo socio Juan Pablo Peñaloza, chef venezuelano di grande talento, si trasforma in Made in Italy.
«Esatto. Nel settembre 2017 compro un food truck, pagato con il lavoro di pasta maker. Dopo qualche mese coinvolgo anche Juan Pablo, adesso mio socio, che lavorava con me a La Centrale. Lui è un sous chef di grande talento. Specializzato in cucina internazionale, si perfeziona nella cucina italiana e impara l’arte della pizza napoletana. È uno chef eccezionale dalla grande creatività. Ogni volta resto sbalordita della sua bravura. Insieme cresciamo giorno dopo giorno, ci compensiamo e malgrado il nostro lavoro non sia dei più semplici, perché si lavora sotto pressione, non abbiamo mai avuto discussioni. Siamo d’accordo su tutto. È la persona migliore con cui potessi aprire la mia attività. So che “Made in Italy” è Lucia e Juan, siamo noi. Nessuno può sostituir né l’uno né l’altra.
Entusiasta della mia idea, e forte del mio progetto che mi aveva portata oltre continente, incominciamo a lavorare insieme con il food truck e con la lasagna. Presto però capiamo che solo la lasagna non basta. E così decidiamo di aggiungere la pizza, ed è stata la svolta. La clientela apprezza questa scelta e in poco tempo diventiamo un punto di riferimento per tantissime persone a Miami».
Il food truck va molto bene. La cucina italiana piace ai turisti e agli abitanti del posto. Qual è il segreto di questo successo?
«Gli americani amano il cibo italiano, e tutti nostri prodotti sono rigorosamente made in Italy. La nostra pizza non è fatta con farina americana, ma con farina italiana. Senza cadere in facili campanilismi, posso dire che l’Italia è il posto in assoluto con il cibo più buono del mondo. Il cibo italiano è un lusso per il palato che in pochi hanno davvero conosciuto. E non dico questo solo perché sono italiana. Ma perché è effettivamente così. Le persone quando parlano della cucina italiana gli si illuminano gli occhi.
Gran parte del nostro successo risiede quindi nei prodotti e negli ingredienti italiani, primi fra tutti la salsa con pomodori San Marzano, la mozzarella e l’impasto della pizza che facciamo lievitare 48 ore. Merito al nostro amico Luca De Marinis, campione mondiale di pizza (World Pizza Champion) , che adesso vive in California, e che ci ha insegnato la ricetta originale della pizza classica napoletana. E a Miami nessuno la fa così».
Parlaci di “Made in Italy”: come si struttura, come è arredato, che tipo di clientela si rivolge a voi e che tipo di rapporto c’è con i clienti.
«Il food truck è nero con il logo giallo e nero e la bandiera italiana. Siamo situati in un car wash aperto 24 ore al giorno in un punto cruciale della zona più frequentata di Miami tra Wynwood e Midtown. Ci conoscono tutti come food truck italiano, facciamo la pizza fresca con tanto di show. Il nostro rapporto con i clienti è molto amichevole. La gente ci ama.
La maggior parte dei clienti è un pubblico notturno, dal momento che apriamo alle 8 di sera per chiudere alle 6 di mattina. Ma ci sono anche famiglie e clienti fissi che vengono ogni giorno. Si tratta soprattutto di una clientela maschile che preferisce ordinare e portar via senza fermarsi al tavolo. Ci sono molti americani, italiani e anche latini. I nostri clienti vengono anche per me e Juan, oltre che per la nostra offerta gastronomica, perché da noi trovano sempre un sorriso, siamo simpatici e alla mano».
Oltre alla pizza cosa propone il menù del ristorante?
«Non mancano gli hamburger anche questi con ingredienti italiani come il tartufo italiano piuttosto che l’olio al tartufo. Facciamo l’hamburger caprese con mozzarella italiana, oppure con salsicce italiane. Adesso gli affari vanno veramente bene, non abbiamo concorrenza, non ci sono food truck che offrono prodotti di qualità come noi. Ci sono anche insalate, e va molto la carne e la pizza con la carne.
La lasagna, naturalmente, è rimasta il mio pallino ma la faccio solo on demand, su ordinazione ad esempio se una persona ha un evento, rigorosamente fresca e con ingredienti italiani. Una delle nostre specialità è la lasagna latina fatta con il platano e il pollo, inventata da Juan: è veramente buonissima».
In Italia a porre un freno alla nascita di nuove imprese spesso è proprio la burocrazia. Come è la situazione burocratica a Miami. Dal punto di vista pratico quali sono stati i passaggi necessari che avete dovuto affrontare per aprire la tua attività?
«In Italia è tutto burocraticamente vecchio e lento. Qua, invece è tutto molto più veloce e smart. Miami non si spegne mai. Per aprire un’attività sono pochi i passaggi da compiere: un certificato “handle food” che corrisponde al nostro Rec ma che fai con un corso on line rapido e poco costoso. Devi inoltre dimostrare che il food truck sia abilitato e omologato per la vendita di cibo . Le tasse in generale sono molto convenienti».
A proposito dell’aspetto economico, è stato costoso aprire un food truck a Miami?
«L’investimento va dai 25mila dollari in su, a seconda di come vuoi organizzarlo. Il nostro è piccolo, ma abbiamo il forno per la pizza e tutto il necessario per conservare gli alimenti, congelatori, frigoriferi, friggitrice, abbiamo il boiler. Insomma tutta l’attrezzatura necessaria per lavorare bene e offrire il massimo ai nostri clienti».
Gli USA sono da sempre considerati come una terra promessa. Tante le persone che come te decidono di partire e trovare fortuna qui. Quali opportunità possono trovare a Miami e che consigli daresti loro?
«C’è l’opportunità di poter crescere a livello professionale e di mettere a frutto le tue idee di business. La gente è curiosa, ha voglia di sperimentare, non è tradizionalista come in Italia. Se hai delle potenzialità qui è possibile svilupparle al meglio in qualunque settore. Inoltre tutto ciò che è italiano è amato, e quindi difficilmente si sbaglia.
Sconsiglio di venire a Miami se non si ha un visto, dal momento che è molto difficile rimanerci e trovare lavoro senza documenti. Gli Usa sono da sempre una terra promessa, anche se molto diversa da una volta ed economicamente più impegnativa. Quindi meglio partire con dei risparmi altrimenti gli inizi possono essere davvero duri».
Come è cambiata la tua vita da quando ti sei trasferita?
«È cambiata radicalmente. È stato come rinascere un’altra volta. Quando vieni in un continente così lontano dalla tua casa e dalle tue abitudini, devi ricominciare tutto. Devi affrontare anche le tue debolezze. Sei completamente sola alle prese con due lingue differenti, e con pochi amici. Per la prima volta mi sono confrontata con la solitudine che in Italia non avevo mai conosciuto avendo la mia famiglia, i miei figli, il mio compagno. Ti ritrovi all’improvviso a dover riempire le giornate, a pensare solo a te stessa e nessun altro. Questa cosa all’inizio mi spaventava. In poco tempo ho cambiato, ho fatto nuove amicizie, sono tornata a scuola, ho preso la patente americana, ho imparato nuove usanze e affrontato nuove sfide. Ho praticamente vissuto un’altra adolescenza. La mia vita, insomma, da quando sono a Miami è cambiata radicalmente. Posso dire che è stata una rinascita in tutti i sensi».
Progetti o sogni per il futuro?
«Il mio sogno personale è vivere sei mesi a Miami e sei mesi in California. Professionalmente, invece, il nostro progetto è di espandere “Made in Italy” in altre realtà degli Stati Uniti attraverso una rete di franchising. Io e Juan stiamo già studiando l’idea con dei consulenti. Tanti ristoratori, in passato, ci hanno chiesto di aprire un locale in Texas piuttosto che a Long Island. Il mio progetto, però, è fare un “Made in Italy” in franchising con gli stessi standard qualitativi del primo. Stiamo valutando di aprirne 3 in Florida, 2 in California, 1 nello Stato di New York e un altro a Chicago. Sarebbe una bella e importante opportunità per aiutare anche gli italiani che vogliono trasferirsi negli Stati Uniti. Affiliandosi a “Made in Italy”, infatti, potrebbero contare su un Visto da imprenditore e trasferirsi con tutta la famiglia. Non solo, una parte del ricavato del franchising andrà su un conto “Save Italy” che aprirò per aiutare l’Italia in qualunque tipo di emergenza che potrà capitare. Sarà una piccola cosa, ma spero di dare un contributo al mio paese».
Allora Good Luck Lucy!
«Grazie mille!».
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