Luks: qui in Messico (a Oaxaca) ho trovato la mia strada
A cura di Maricla Pannocchia
Luks – nome d’arte di Luca – è da sempre appassionato di musica e ha lasciato l’Italia 10 anni fa, nel periodo in cui “c’era una fuga dei cervelli, ma non solo. Tanti giovani se ne sono andati perché si sono resi conto che in Italia non c’erano sbocchi”. Supportato dai suoi cari, Luks è approdato in Messico e, da 9 anni, vive nella città di Oaxaca. “In Messico, la musica e i musicisti hanno valore e, a qualunque livello si suoni, si viene pagati il giusto. Inoltre, non esistono né la SIAE né tante delle tasse che ci sono in Italia”.
Il Messico, racconta Luks, è il Paese più ricco fra quelli dell’America Latina, “ma quello che mi piace di più è la gente del posto. Qui tutti sorridono e si salutano, cercano di aiutarsi e di affrontare la vita guadando al positivo. Nessuno si lamenta e, in generale, non ci sono persone che si sentono superiori alle altre. Se ci sono, si tratta di eccezioni, mentre in Italia è la norma.”
Fra i progetti futuri di Luks c’è quello di avvicinarsi di più alla sua famiglia d’origine, in Italia, e di poter suonare per circa 5/6 mesi in un Paese che gli permetta di vederla con più frequenza.
Ciao Luks, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…
Ciao! Luks é il “nome d’arte” che mi sono scelto e dato a 16 anni, quando ho capito di essere un musicista. Mi chiamo Luca e anche perché questo ho scelto Luks dato che volevo differenziarmi e, in Italia, Luca è un nome molto diffuso.
Sono nato sul Gargano però sono cresciuto a Torino. Ho lasciato definitivamente l’Italia 10 anni fa, per poter vivere di musica secondo i miei criteri, anche se già da qualche anno prima, non in maniera fissa né ufficialmente, passavo più tempo all’estero che in Italia.
Cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
Beh, 10 anni fa c’è stato questo fenomeno di fuga dall’Italia, come documentato in una canzone molto veritiera di Caparezza (“Goodbye Malincolia”), una fuga non solo di cervelli ma di qualsiasi persona. Si trattava principalmente di giovani che si erano resi conto che ormai nel nostro “Bel Paese” non c’era più spazio per chi aveva dei talenti, per chi avesse voluto intraprendere qualsiasi attività o semplicemente cominciare a lavorare (anche dovendo passare per mille gavette con titoli di studio ai massimi livelli), dopo aver studiato ed essersi preparati tanto, per cercare di avere una vita “normale”, lavorativamente parlando, per indipendentizzarsi dai propri genitori o anche per tirare su una famiglia propria (la scena dell’esame di Matteo nel film di Marco Tullio Giordana “La meglio gioventù”, premiato a Cannes nel 2003, la dice tutta).
Vivi in Messico da 11 anni e ora sei a Oaxaca. Cosa ti ha spinto a trasferirti proprio lì?
Vivo a Oaxaca da 9 anni e in Messico in generale da 11. La ragione del mio trasferimento a Oaxaca è dovuta al fatto che proprio quí, in una delle mie turneé da musicista, ho conosciuto la ragazza con cui poi mi sarei sposato (e da cui avrei poi divorziato, ahimè) e dove poi ho cominciato altri business, come la marca di giacche da uomo e donna con ricami tradizionali della Sierra Mixe “Takuxe”.
Come si vive a Oaxaca?
Oaxaca per me è il miglior compromesso per vivere in Messico. Ho avuto la fortuna di conoscere gran parte della Repubblica Messicana e devo dire che in generale questo Paese è contraddittorio, e questo è affascinante. Ci sono molti problemi a livello di sicurezza e anche problemi economici, climatici e di vivibilità in molti dei suoi Stati, anche se ogni ognuno ha bellezze e tradizioni incomparabili. Oaxaca de Juárez, la capitale dello Stato di Oaxaca, invece, è una piccola cittadina tranquilla e a misura d’uomo, molto colorata e in stile “coloniale”, con un clima gradevole e senza tanti problemi di sicurezza. È molto frequentata turisticamente per le sue belle spiagge sull’oceano Pacifico, non troppo lontane dalla cittá, i suoi posti incantevoli di montagna, i suoi siti archeologici e per la sua tradizione enogastronomica, che la rende famosa in tutta la Repubblica Messicana e anche per le tradizioni dei suoi paesi indigeni che riempono quasi quotidianamente le strade di festivals dedicati ai suoni e ai sapori autoctoni dalle tinte spettacolari (il festival della “Guelaguetza” é il festival folk piú grande dell’America Latina, dura tutto il mese di luglio e richiama migliaia di turisti da tutto il mondo).
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Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?
Beh´, da una parte sicuramente vivere lontano dalla propria famiglia di appartenenza e degli amici più cari con cui sono cresciuto e con cui ho condiviso le esperienze più importanti, non è affatto facile, però in cambio, qui, dalla prima volta in cui vi ho messo piede, mi sono reso conto che potevo vivere dignitosamente di musica, perché la musica in generale e quella dal vivo in particolare sono considerate fondamentali per qualsiasi evento sociale, mondano o attività commerciale, rispettata e retribuita a dovere a qualsiasi livello. Mi sono subito reso conto che qui avrei potuto realizzare il mio sogno e il sogno per cui tanti giovani come me (e non solo nel campo della musica) hanno sempre lottato, poter vivere di quello che più amano e per cui hanno studiato tanto o su cui hanno investito molto tempo perpoter raggiungere una formazione spendibile a livello professionale. I miei parenti e amici non possono che essere contenti di questa mia scelta.
Puoi parlarci meglio del tuo lavoro come musicista?
In epoca di pandemia poi ho dovuto cercare qualcos’altro da fare, così ho seguito il consiglio di un amico e collega originario di Santa Maria Tlahuitoltepec, paese della Sierra Mixe molto famoso per le sue tradizioni musicali e di artigianato tessile, di disegnare e realizzare giacche da uomo con disegni e materiali non proprio tradizionali integrando però il loro ricamo tipico. É nato il marchio “Takuxe” (che si legge “Takusce” e che in gergo messicano vuol dire “abito elegante”, anche se deriva da una parola del “Tarasco” che è una lingua pre-ispanica della zona di Michoacan). In più ho cominciato a disegnare e produrre, tramite artigiani locali, gioielli d’argento e anche ad aiutare i mastri mezcaleri a diffondere i loro prodotti di mezcal.
Ricordi come ti sei organizzato prima della partenza?
Con solo la valigia e la chitarra, conoscendo un poco del posto dove sarei andato a stare.
Avevi qualche dubbio o paura che, una volta arrivato sul posto, si è rivelato infondato?
La prima volta sono venuto in Messico per vacanze dopo una tournée in California e a dir la verità, vedendo per le strade i militari o la semplice polizia armata fino ai denti, un poco mi sono spaventato… poi ho cominciato a capire un po’ meglio come vanno le cose qui e mi sono un tantino tranquilizzato. Non è un segreto che la politica e il narcotraffico viaggino a braccetto e l’impiego massiccio di polizia ed esercito sul territorio in realtà serve a controllare la popolazione civile stessa, che a volte si scoccia di abusi e soprusi da parte di entrambi e cerca di autodifendersi, considerando il fatto che il posseso di armi é molto più comune anche fra i civili. Dubbi qualcuno, però in realtà in Messico si respira un’energia molto positiva e proporsitiva, cosicché personalmente, grazie a Dio, finora mi è sempre andato tutto molto bene.
Quali sono, secondo te, gli sbagli che gli italiani che vogliono trasferirsi in Messico commettono più frequentemente?
La cosa che mi fa più ridere di molti italiani qui é che molti dei nostri connazionali pensano di vivere ancora in Italia o vogliono portarsi l’Italia appresso. Anche se magari lavorano e guadagnano bene giá da diversi anni, molti non parlano ancora nenache bene lo spagnolo o si lamentano della maniera di vivere e della cultura di qua e continuano a vedersi e uscire solo fra italiani interagendo molto poco con la realtá in cui hanno deciso di vivere. Quindi, a chi vuole trasferirsi qui, consiglio di farsi carico di molta pazienza e di voglia di capire e accettare una cultura che se per certi versi è molto simile alla nostra, per altri versi è totalmente differente o addirittura completamente contraria a quella italiana. Bisogna allontanarsi dagli stereotipi e cercare il proprio cammino.
Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?
Qui in Messico, come in molti dei Paesi dell’America Latina o comunque considerati del “Terzo Mondo”, in generale, coesistono due tipi di economia, quella della moneta locale e quella del dollaro. Mi fa sempre piacere fare riferimento al Messico come a un imbuto, la cui forma mi ricorda, che incanala economia dall’alto, i ricchi Stati Uniti, e la direziona e filtra verso il basso, il resto della piú povera America Latina che a cambio non confina con gli States e che quindi non ha molti rapporti commerciali, piú o meno leciti, come il Messico vanta. Di fatto il Messico è il Paese latino-americano più ricco, dove esiste la reale possibilitá di lavorare e guadagnare dignitosamente anche grazie a una forma di commercio che qui dicono “informale” e cioé autorganizzato e permesso dal governo, senza la piaga di tasse e permessi esagerati nelle quantità. Questo vuol dire che a livelli di prodotti e servizi esiste sempre la possibilitá di trovare l’alternativa che fa piú al caso nostro (i messicani amano dire che “in Messico, tutto si può”). La doppia economia vuol dire che ci sono anche molti che lavorano e guadagnano a prezzi paragonabili a quelli dei Paesi del “Primo Mondo” che hanno dollari o Euro come valuta. Questo significa che il rapporto costo/qualitá della vita é molto variabile e c’é molta piú gamma di scelta del proprio tenore di vita. In realtà, al messicano in generale piace spendere molto di piú che all’italiano medio, complice forse anche il fatto il fatto che qui il salario si percepisce ogni due settimane anziché una volta al mese e quindi non c’é tanto il timore di dover risparmiare per poter arrivare “a fine mese”. Questa distribuzione del salario permette all’economia di girare piú fluidamente e di rendere il Paese “in via di sviluppo” cioé in crescita (mi ricorda molto, per certi aspetti, l’Italia degli anni ’80, quando l’economia girava ancora bene e il concetto di “crisi” non era ancora tanto comune come da una ventina d’anni a questa parte).
E i servizi come sanità, burocrazia e mezzi pubblici?
La sanità pubblica non esiste. Questo é un lusso che solo noi possiamo vantare in Italia e in pochi altri Paesi, quindi tutta la possibilità di guarire sta nelle propie mani, rispetto ai soldi che si hanno, e nelle mani della fortuna, rispetto al fatto di sperare che i dottori assoldati ( e non con pochi soldi) siano veramente qualificati e in grado di fare il loro mestiere e non combinino piú casini della malattia stessa. La burocrazia pubblica è pessima. Anche se le mazzette ai funzionari pubblici per velocizzare i propri tramiti sono la norma, questo non vuol dire che si possa ottenere, per esempio, documenti catastali o atti di compravvendita velocemente e facilmente. Non esiste la voltura e neanche molte delle tasse che ci sono in Italia, l’assicurazione dell’auto non é obbligatoria (le scene per strada delle persone che bocciano e si mettono d’accordo sui danni sono esilaranti). Invece i mezzi pubblici sono molto ben organizzati ed economici (si puo raggiungere facilmente qualsiasi luogo), i taxi privati molto più economici che in Europa.
È facile trovare un alloggio? Quali sono i costi medi?
Si, c’è di tutto.
È necessario conoscere lo spagnolo prima di partire?
Certo, almeno qualche elemento basico, poi lo spagnolo dell’America Latina “suona” e contiene parole e modi di dire molto piú simili all’italiano di quanto non faccia il castellano di Spagna.
Quali sono, secondo te, i pro e i contro del vivere lì?
Secondo me i vantaggi sono, per esempio, dal punto di vista climatico e ambientale. Vivere in estate tutto l’anno e poter andare al mare in posti paradisiaci (poi da maggio comincia a fare molto caldo ed é piú facile che piova o che il cielo sia grigio). Dal punto di vista economico esistono molte piú possibilitá che in Italia di poter scegliere di avviare qualsiasi tipo di attivitá lavorativa. Dal punto di vista sociale, il “calore” umano,l’empatia e la voglia di aiutarsi reciprocamente li sento molto più presenti qui che in Italia, la religione ufficiale é quella cattolica ma l’assenza fisica del Vaticano ha fatto molto meno danni a livello culturale che da noi. Per contro c’é da menzionare il fatto che comunque siamo in un Paese dove in generale c’è molta poco scolarizzazione ed educazione rispetto a varie tematiche, la cultura “latina” è molto “informale”, come dicono qua. Questo significa che bisogna abituarsi a non prendere troppo sul serio le parole delle persone per quanto promettenti e convincenti siano sul momento (soprattutto rispetto a date e orari) e che comunque viviamo in un Paese principalmente povero, dove doversi aspettare di tutto e dove la corruzione a tutti i livelli é all’ordine del giorno e in generale la vita dell’essere umano vale molto meno che in Italia. Essendo stranieri e provenienti da Paesi piú ricchi é facile che capiti che i prezzi per noi salgano e ci sia un po’ la tendenza ad approffittarsene.
Essendo un musicista, cosa puoi raccontarci, più dettagliatamente, del vivere lì svolgendo questo lavoro?
Come dicevo sopra, qui la musica e i musicisti hanno molto più valore che da noi. Non nascondo il fatto che per essere italiani a volte portiamo con noi il “fascino dello straniero” però anche i miei colleghi messicani comunque lavorano molto piú di quello che fanno i miei colleghi italiani. Qui non esiste evento pubblico che non contempli la presenza della musica suonata dal vivo, che sia un matrimonio o un funerale. Addirittura le farmacie o i supermercati hanno casse acutiche sparate a tutto volume ai loro ingressi principali. Poi, comunque, essendo un Paese che attira molto turismo tutto l’anno, in generale i ristoranti e i bar, chiedono sempre molta musica. Poi si suona molto anche nei vari festivals che si organizzano tutto l’anno, complice il quasi eterno clima favorevole. Personalmente, ho portato dall’Europa progetti originali molto apprezzati e poi, una volta trasferitomi quí, ho cominciato a lavorare con musicisti locali a quello che é il mio genero favorito, il jazz e i suoi derivati (ci sono musicisti molto ben preparati), o anche di musica messicana e di Oaxaca, riarrangiata e riproposta in maniera originale (collaboro spesso anche con altri musicisti italiani che hanno fatto la mia stessa scelta di vita). Tutto l’anno si lavora 4 o 5 giorni minimo a settimana (nei posti piú turistici, tutti i giorni) e non ci sono SIAE o altre tasse da pagare per la musica dal vivo, che scoraggiano gli organizzatori, così questo sistema mi è parso perfetto per chi vuole vivere di musica.
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Ti sei mai sentito in pericolo?
No, anche se ho imparato a cercare di evitare posti e orari tendenzialmente più pericolosi.
Che consigli daresti a chi sta pianificando il primo viaggio nel Paese?
Di cercare di visitare più posti possibile e di non limitarsi solo alle solite rotte turistiche.
E quali a chi sogna di vivere e lavorare lì?
Che venga a farsi un giro e provare per un po’ per capire se veramente sia qualcosa che fa al caso suo o meno e, soprattutto, di conoscere varie città e differenti posti del Paese perché, essendo cosí grande, é molto eterogeneo e magari un posto è più idoneo di un altro.
Cos’hai imparato, finora, vivendo in Messico?
La cosa che piú mi ha colpito e credo influenzato ormai nel comportamento è, appunto, quella che finisco “coscienza sociale”. Le persone si salutano per strada anche senza conoscersi o augurano “buon appetito” al vicino di tavolo al ristorante alzandosi dal proprio ( a Torino anche le persone che si conoscono fra di loro ci pensano su due volte prima di salutarsi e poi non lo fanno). Sorridono sempre e cercano di essere il piú amabili e cortesi che si possa… a volte anche più di quello che possono, eh eh. Non si ha paura a sentirsi parte della stessa comunitá, a qualsiasi livello sociale. Certo, anche qui c’è chi per natura propria si sente piú figo o importante degli altri (atteggiamento piú comune fra i capitolini), ma sono casi meno frequenti e comunque non é un atteggiamdento che fa parte integrante della cultura generale come in Italia, dove di default ognuno deve sempre dimostrare di essere il primo nel proprio campo (un esempio divertente potrebbe essere quello che in Italia nessuno si sognerebbe di aprire un negozio dello stesso prodotto accanto a un altro, qui ci sono strade intere lunghissime, piene di negozi che vedono lo stesso genere di prodotto, uno vicino all’altro). La gente vive con un’attitudine di semplicità e, soprattutto, di molta umiltà e unanimità, pur essendo, come in molti casi, dei veri e propri luminari o punti di riferimento dei loro rispettivi campi. Questo rende in generale l’atmosfera molto piú leggera e rilassata, si vive con calma, quasi nessuno si lamenta e si cerca di vedere il lato buono delle cose. Il calendario conta molte più “feste comandate” e i messicani in generale non perdono occasione per celebrare la vita facendo festa appena possono, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Si celebra soventemente non solo la vita ma anche la morte, cosí come nel periodo del famoso “Dia de Muertos” ( i giorni del 31 di Ottobre e 1 di Novembre), si organizzano grandi feste che durano due/tre settimane in tutto il Messico. Questo mi ha aiutato a riuscire a focalizzarmi e lavorare meglio e con piú serenitá sui miei obbiettivi di vita.
Progetti per il futuro?
Il progetto su cui sto lavorando da un po’ è quello di riuscire a organizzarmi per cercare di poter stare piú tempo durante l’anno vicino alla mia famiglia di origine, in Italia, potendo spostare il mio lavoro per 5/6 mesi all’anno vicino ai miei cari. Sono sicuro che presto riusciró a realizzarlo.
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