Marcello Piacentini e la sua nuova vita alle Cayman
Di Enza Petruzziello
Paradiso degli investitori, da sempre considerate un piccolo eden in cui aprire società e conti offshore, le isole Cayman sono in realtà molto di più. Affacciate sul mar dei Caraibi, con spiagge stupende e paesaggi mozzafiato offrono davvero molto ai turisti e a chi decide di trasferirsi. Compresa l’ottima cucina italiana!
Merito di Marcello Piacentini, 33 anni, originario di Monza, “chef in giro per il mondo” come lui stesso si definisce. Dopo una gavetta a Milano, negli ultimi dieci anni ha vissuto e lavorato a Londra, Dubai, Bermuda, Repubblica Dominicana.
Nel 2015 si trasferisce sull’isola Grand Cayman, un minuscolo paradiso caraibico poco conosciuto per le sue bellezze naturali, ma assolutamente uno dei posti migliori dove vivere nel Centro America. Lavora come Chef al Luxury Hotel della Compagnia Ritz Carlton nei Caraibi e gestisce eventi e banchetti per questo hotel fino a gruppi di un migliaio di persone.
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Marcello sei molto giovane e di strada ne hai già fatta tanta. Da dove nasce la passione per la cucina?
«Non saprei dire esattamente da dove nasce la mia passione per la cucina, a differenza di molti chef che dicono di aver iniziato a destreggiarsi tra i fornelli in tenera età o addirittura prima. Onestamente da piccolo non sono mai stato un fanatico del cibo e della cucina. Avevo altre passioni ed interessi. Mia mamma ha sempre cucinato per tutta la famiglia dei piatti deliziosi e mi piaceva aiutarla quando potevo, ma nulla di più. Credo invece di aver coltivato questo interesse nel tempo, negli ultimi anni di scuola alberghiera (ma non troppo) e poi nelle cucine professionali in giro per il mondo. Sin dall’inizio, mi sentivo a mio agio, le giornate passavano veloci nonostante i turni di 12-15 ore senza soste, e mi piaceva cucinare, assaggiare, creare, produrre. Poi ho capito che me la cavavo più che bene, la gente apprezzava quello che mettevo nel piatto e le mie idee di cucina, quindi ho preso coraggio e ne ho fatto una professione duratura».
Quali altri maestri ti hanno influenzato nella tua preparazione?
«Veri e propri Maestri, agli inizi della mia carriera, per mia sfortuna non ne ho avuti, Non ho lavorato in ristoranti stellati o con famosi Maestri del calibro di Marchesi, Ducasse etc. Quindi non ho mai potuto usare i loro nomi nel mio CV…
Posso dire di aver lavorato con tanti, ottimi cuochi e chef sin dal mio primo giorno di lavoro da Peck (Milano), tutta gente molto professionale e preparata, dalla quale ho imparato a capire il giusto e sbagliato di una cucina di alto livello. Il comportamento professionale, l’umiltà e la perseveranza sono sempre le prime cose che apprezzo in uno chef o un collega. Le idee e la creatività arrivano dopo».
Dopo una lunga gavetta a Milano, decidi di partire e di approfondire la conoscenza dell’arte culinaria ingiro per il mondo. Sei stato a Londra, Dubai, Bermuda, Repubblica Dominicana. Che tipo di esperienze sono state e che ricordi ti hanno lasciato?
«La mia gavetta iniziale è durata poco meno di 4 anni. Non è passato tantissimo tempo, infatti, dal mio primo passo in una cucina ad una responsabilità importante. Conclusa nell’estate del 2006 la scuola alberghiera, nel settembre 2009 approdo a Londra dove, inaspettatamente, prendo la gestione della cucina di una piccola gastronomia italiana. Ma il passo più lungo della gamba arriva nel gennaio del 2010, quando vengo assunto a Dubai come co-responsabile dell’apertura di un Deli Shop/ Ristorante nel primo hotel di Giorgio Armani, Armani Hotel Dubai, situato nella torre più importante degli Emirati, Burj Khalifa. Da lì in poi è stata una montagna russa di emozioni e di avventure, non solo professionalmente (potrei dire che ne ho viste veramente di tutti i colori e forme) ma soprattutto di vita.
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Per quanto riguarda il lavoro, sono velocemente passato da cuoco a una posizione di Sous chef data la mia esperienza manageriale accumulata a Dubai, per poi ritrovarmi a gestire cucine di 50-100 cuochi che parlavano una lingua diversa dalla mia in Repubblica Dominicana, con molte difficoltà e periodi difficili, ma sempre con la consapevolezza che ero sulla strada giusta. Bermuda è la location dove mi sono fermato per meno tempo, non faceva per me in quel momento della mia vita. La Repubblica Dominicana è stata la più difficile, ma al tempo stesso la più importante, mi ha dato una sicurezza e una motivazione incredibile. Cayman professionalmente un punto di partenza cruciale.
I ricordi che queste esperienze mi hanno lasciato? Sono e saranno la mia forza per superare qualunque ostacolo la vita mi riserverà in futuro».
Oggi sei chef nel ristorante del Luxury Hotel, struttura a 5 stelle delle Isole Cayman. Come sei arrivato qui?
«Innanzitutto ammetto che non avevo la minima idea di dove fossero le Isole Cayman, per fortuna c’è Google map. Essendo già nei Caraibi e avendo lavorato a Punta Cana, Repubblica Dominicana, in un All Inclusive Resort per più di due anni, avevo il bisogno di tornare a lavorare in un hotel prestigioso (i cosiddetti 5 stelle lusso) per non essere risucchiato nel mondo dei ristoranti buffet e All inclusive. Al tempo stesso non avevo intenzione di lasciare i 30 gradi e il mare cristallino, quindi iniziai a cercare lavoro tramite il web nel Centro America, facendo leva sul fatto che parlassi 3 lingue molto fluentemente, e un forte curriculum di posizioni con responsabilità.
Ci fu anche un’offerta dalla Malesia con tanto di contratto da firmare, ma decisi di trasferirmi alle Isole Cayman, per lavorare con Ritz-Carlton, la n.1 delle compagnie Luxury negli Stati Uniti e non solo. Per aggiudicarmi quel posto da Sous Chef (quindi declassandomi di ben 2 posizioni) non fu esattamente una passeggiata. La compagnia mi chiese di viaggiare alle Cayman, dove, in 3 giorni, avrei dovuto preparare un pranzo per i 10 executives (un tasting menu) e poi affrontare 3 colloqui in un giorno. Tutto andò bene e fui assunto immediatamente.
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Pochi mesi dopo ricevetti il mio permesso di lavoro e mi trasferì sull’isola Grand Cayman, dove al lavoro ero in carica, come Sous Chef, del ristorante italiano dell’hotel. Un anno dopo fui promosso come Head Chef dello stesso ristorante italiano ed ebbi l’onore di creare il mio menù e i miei piatti dalla A alla Z».
Parlaci della tua cucina, quali piatti proponete nel ristorante e che tipo di clientela avete?
«Premettendo che da pochi mesi a questa parte ho lasciato il Ristorante Italiano e ho preso in gestione la banchettistica, catering e special event sempre qui al Ritz Carlton Grand Cayman, la mia cucina è molto semplice, tradizionale, amo nei miei piatti i formaggi (da vero Lombardo), amo la pasta fresca, ma soprattutto la pizza, quella vera, napoletana. Nel mio menù, che naturalmente deve rispecchiare la clientela che servi, la location (siamo ai Caraibi non a Cortina D’Ampezzo) e la disponibilità dei prodotti importati ma anche locali, troverete sempre un buon piatto di affettati DOP, importati freschi dall’Italia, un pane fresco grigliato con pomodorini e aglio, una mozzarella di bufala con pesto di pinoli e olive, e come dicevo prima tanta pasta fresca, ravioli con ogni abbinamento, e pizza, pizza, pizza.
Alle Cayman la clientela è al 90% americana (Stati Uniti, Canada) pochi europei, pochi asiatici. La nostra cucina è pesantemente influenzata da i gusti dei nostri clienti, e più di una volta ho dovuto adattare le ricette tradizionali a i palati dei commensali. Ti devi fare forza e coraggio e chiudere un occhio…».
Vivi a Grand Cayman da 5 anni, come è la vita qui? Penso al costo della vita, alla qualità, ai divertimenti e ai servizi.
«La vita alle Isole Cayman e a Grand Cayman, è decisamente più agevolata rispetto all’Italia ed altre isole Caraibiche (vedi RD, Cuba, Jamaica, PR). All’inizio possono spaventare i prezzi alti al supermercato, gli affitti degli appartamenti o delle stanze, ma solitamente gli stipendi sono adeguati al costo della vita, e se gestita bene la cosa, puoi mettere via dei bei soldini in pochi anni. Naturalmente più alto il tuo livello professionale è, più alto è il tuo stipendio, e più possibilità economiche hai di vivere la vita come ti pare senza badare al portafoglio.
La moneta ufficiale è il Cayman Dollar (C.I.) che vale poco più dell’Euro. Ma sull’isola si può anche pagare in USD. In concreto: gli affitti vanno dagli 1000 euro fino a 1500 euro per un appartamento con una stanza, sala e bagno. Una stanza in un sharing apartment costa 400-800 euro. Al supermercato, tutto costa il 50% in più che in Italia, frutta e verdura e latticini, affettati ecc direi anche 200%.
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Un’automobile (usata con già una decina di anni) vi costerebbe dai 7 ai 10 mila euro. Gli stipendi (annuali) per un cuoco alle prime armi o un cameriere ammontano a 40.000/50.000 euro all’anno. Un Manager di un ristorante o un impiegato di ufficio in una compagnia importante può tranquillamente arrivare ai 60-100 mila euro. Mangiare fuori in un posto casual, costa non meno di 40 euro a testa (senza vino). Una cena in un ristorante un po’ più curato, 100 euro a testa. Qui non ci sono ristoranti stellati».
Quali differenze hai notato rispetto all’Italia?
«La differenza è totale, sia per la location di mare (tranquillità, poco traffico, 30 gradi tutto l’anno, vita da spiaggia) ma anche per il fatto che Grand Cayman è un’isola che raggruppa più di 100 differenti nazionalità, e non parlo di turisti, ma di abitanti-lavoratori. Questo misto di culture e tradizioni, cibi, mentalità, è la spina dorsale di questo paese, che considera la forza di lavoro immigrante la più importante risorsa dell’economia. Poi a differenza dell’Italia, l’età media della popolazione è molto inferiore, e la meritocrazia è, nella maggior parte dei casi, alla base di una carriera lavorativa, senza distinzioni di nazionalità e di età.
Le Isole Cayman sono conosciute soprattutto per essere dei “Paradisi fiscali”, luoghi sicuri dove portare i propri soldi e investire, con una tassazione molto favorevole. È così conveniente vivere e lavorare qui?
«Si, è conveniente soprattutto perché in Cayman il tuo stipendio non è tassato dallo Stato. Ti detraggono la “Medical Insurance”, quota obbligatoria che copre le tue spese mediche se necessarie (varia da persona a persona), e un’altra quota anch’essa obbligatoria, che equivale alla quota Pensione.
Riguardo il fatto di essere un Paradiso fiscale, è sicuramente vero e conclamato, ma noi comuni mortali non lo viviamo come un vantaggio, certo porterà ricchezza alle banche e quindi allo Stato, ma quello che più ci avvantaggia è che abbiamo tutti i servizi pubblici o le infrastrutture senza dover pagare nulla con il nostro stipendio. Da un altro lato, le tasse di importazione e sdoganamento di ogni merce proveniente dall’estero (quindi tutto quello che trovi sull’isola dal dentifricio alla porta finestra del tuo terrazzo, Cayman non produce quasi nulla) ammonta al 22-27% ed è quindi la ragione per cui tutto è così eccessivamente costoso.
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Ci sono opportunità occupazionali per chi come te sta pensando di trasferirsi in questo splendido arcipelago dei Caraibi?
«Le opportunità c’erano e spero ci saranno anche dopo questo 2020. Cayman è un’isola in continua evoluzione e costruzione, un’isola economicamente leader e indipendente a differenza di altre isole del Caribe. È una realtà che accetta ogni tipo di figura lavorativa. Il Turismo, l’Edilizia e il Settore Bancario, Investimenti & Assicurazioni sono gli ambiti che offrono maggiori opportunità. Sfido chiunque a non trovare lavoro qui, basta con un minimo sforzo e un po’ di intelligenza nella ricerca».
Qual è l’iter burocratico per trasferirsi e chiedere la residenza?
«Una volta che hai un contratto firmato e sei ufficialmente assunto da un datore di lavoro, quest’ultimo si incarica di richiedere e pagare il tuo permesso di lavoro che solitamente è rinnovabile di anno in anno, e una volta che l’ufficio immigrazione lo approva, puoi iniziare a lavorare. Il tutto richiede pazienza, più o meno dal momento della richiesta all’approvazione, possono passare 2-3 mesi.
Con un permesso di lavoro puoi risiedere e vivere sull’isola senza problemi, ma con un limite di 9 anni. Dopo di che sarai costretto a lasciare l’isola a meno che non vuoi richiedere (e pagare) una residenza definitiva che ti permetterebbe di vivere e lavorare sull’isola senza alcun visto o permesso. Se invece vuoi venire alle Cayman come turista, non hai bisogno di visti, ma puoi stare (senza poter lavorare) per un massimo di 90 giorni».
Negli ultimi mesi il mondo è stato scosso da una pandemia globale, determinando il blocco delle frontiere e la chiusura delle attività. Com’è la situazione a Grand Cayman?
«In questo momento, la situazione sotto il profilo della salute pubblica è decisamente positiva, nel senso che non ci sono stati decessi o casi gravi sull’isola dall’inizio della pandemia, e i contagi sono stati poco meno del migliaio e quasi tutti asintomatici. Il Governo delle Cayman ha chiuso preventivamente l’aeroporto in entrata a marzo e non intende riaprirlo fino a settembre, per salvaguardarsi dall’exploit in USA. In pratica Cayman in questo momento è quasi Covid19 free e siamo quasi tornati alla vita normale, perché senza turisti è una economia quasi morta. Molti ristoranti, hotel, bar, uffici etc sono rimasti chiusi per molti mesi, molti lavoratori sono stati rimpatriati con voli umanitari e oggi quasi il 30% dei lavoratori ha lasciato l’isola o è rimasta senza occupazione. Solo a fine giugno il governo ha dato l’okay per la riapertura, ma molti rimarranno chiusi fino a Natale. Non sappiamo quello che ci aspetta, per ora lavoriamo con ottimismo».
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Sei stato in tanti posti del mondo. Pensi di rimanere a Grand Cayman oppure ti vedi altrove tra qualche anno? E quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Grand Cayman è un buon posto per vivere e per fare carriera, il fatto che non potrei rimanere qui più di 9 anni (sono già al quinto) non mi permette di fare progetti a lungo termine. Mi piacerebbe rimanere nella Compagnia Ritz Carlton e viaggiare in un altro paese, magari in Europa o in Asia, un continente che mi attrae già da molto tempo».
Come è cambiata la tua vita da quando vivi all’estero?
«Da quando vivo all’estero sono completamente indipendente e mi fa sentire a mio agio. A 23 anni, quando ho lasciato l’Italia, sentivo che mi mancava qualcosa, e che lo avrei trovato viaggiando ed esplorando il mondo. La sensazione di avercela fatta non ha prezzo.
Il fatto di non avere il supporto giornaliero della mia famiglia, dei miei amici, delle mie cose come quando vivevo a casa, mi ha costretto a ricostruirmi una stabilità emotiva, pratica e economica che, devo dire la verità, non mi ha mai causato preoccupazioni. Mi sono sempre trovato bene nel dovermi stabilizzare in un paese nuovo per esempio, conoscere le culture e le tradizioni, farmi nuovi amici, e affrontare le difficoltà una dopo l’altra.
Dal primo giorno sento la mancanza della mia famiglia, certo, ogni anno non vedo l’ora di ritornare e farmi quelle poche settimane di vacanza con loro, gli amici, il buon cibo e gli odori della mia terra. Ma la mia vita all’estero è diventata per me la normalità, quindi mi sentirei più un pesce fuor d’acqua se dovessi ritornare a vivere per sempre in Italia, nel mio paese in provincia di Monza, Limbiate».
Per contattare Marcello questa è la sua e-mail: marcellopiacentini87@gmail.com
Il suo account Instagram: Marcy_Piace
Il suo profilo Facebook: Marcy Piacentini