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Monica: vivere in Messico mi ha aiutato a capire che dobbiamo affidarci di più alle emozioni

monica americo

Dobbiamo affidarci di più alle emozioni

A cura di Maricla Pannocchia

Anche se ora è tornata in Italia, precisamente a Milano, dove lavora in una banca, Monica ricorda con amore e grande piacere gli anni dal 2000 al 2008, trascorsi a Playa del Carmen, Messico. “Allora i prezzi erano più bassi”, spiega la donna, “tuttavia, penso che lo scoglio più grande, per chi vuole trasferirsi, sia ottenere il permesso di soggiorno. In poche parole, bisogna dimostrare di avere abbastanza mezzi per sostenersi.” Monica racconta anche di come lei e l’allora fidanzato Stefano, poi diventato suo marito, siano partiti un po’ all’avventura, “Il fatto di non essere sola in quel cambiamento di vita mi ha dato coraggio,” racconta Monica, “Adesso, con gli anni e l’esperienza, credo che mi organizzerei meglio prima di un altro trasferimento, ma mi piace come Stefano ed io ci siamo buttati. Conosco persone che sognano di trasferirsi all’estero ma non ci hanno mai neanche provato perché perse in infinite valutazioni.”

Vivere in Messico ha insegnato a Monica a dare più importanza alle emozioni, a vivere con più calma e ad apprezzare anche le piccole cose. “Sono tornata in Italia per star vicino ai miei genitori durante la loro vecchiaia”, dice la donna, che è anche autrice di un romanzo ispirato alla sua vita in Messico, “Ma non penso che Milano sia la città giusta per me. Stefano ed io stiamo ancora cercando la nostra ‘casa’ e, nei nostri viaggi, speriamo di sentire nuovamente quella folgorazione che ci ha colpiti, anni fa, a Playa del Carmen.”

Ciao Monica, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Oggi sono una mamma di un ragazzino di 16 anni e lavoro a Milano in una banca giapponese. Ho sempre avuto il pallino dei viaggi e penso sia per questo motivo che ho scelto di frequentare un Istituto Tecnico per il Turismo. Avrei voluto lavorare in questo settore, ci ho provato senza successo a Milano, ma poi ci sono riuscita in Messico.

Hai vissuto in Messico per 8 anni. Che cosa ti ha spinta a compiere questa scelta?

È stata una casualità, un viaggio di piacere che si è trasformato in una scelta un po’ “avventata”. Devo essere sincera, non sono una persona così temeraria, ma mi è capitato di prendere decisioni guidate dall’istinto, e questa è stata una di quelle, la migliore che abbia mai preso. Ammetto che il fatto di non essere partita sola mi abbia incoraggiata molto. Sono andata con Stefano, il mio fidanzato, e ci siamo fatti forza a vicenda, supportandoci nelle delusioni e nelle difficoltà. Insieme, abbiamo realizzato il nostro sogno.

Dove hai vissuto precisamente?

A Playa del Carmen, nella Riviera Maya, in Yucatan. Sono rimasta folgorata dalla natura esuberante, dalle casette colorate della Quinta Avenida, dal colore turchese del mare. Vorrei ricordare Playa del Carmen così: le sue stradine sterrate che scendono fino al mare, le palme in spiaggia sotto cui ripararsi dal sole, palapas rustiche dove fare colazione o cenare a base di pesce appena pescato. Ho vissuto in diverse abitazioni in affitto prima di acquistare casa. Mi chiedo se oggi sarei capace di ritrovarle tra le moltitudini di edifici moderni sorti dove ricordo ci fossero solo terreni incolti.

Di cosa ti occupavi in Messico?

In Messico sono stata assunta da una compagnia di ecoturismo. Al principio mi occupavo delle prenotazioni e poi delle vendite. Promuovevo i tours presso gli hotels e tour operators. Ero felice di fare finalmente quello per cui avevo studiato, ma soprattutto ero felice di lavorare in una compagnia giovane e dinamica, dove si respirava davvero amicizia e amore per l’avventura. Erano tutti giovani che, come me, a Playa del Carmen non avevano famiglia. Provenivano tutti da altre località del Messico e del mondo, la famiglia eravamo noi. In seguito ho aperto la mia agenzia turistica insieme a Stefano, che è diventato mio marito. Lui si è rivelato essere una bravissima guida turistica, e abbiamo creato un tour serale nella selva in collaborazione con una comunità Maya. Il progetto consisteva nel voler mostrare ai turisti un’antica cerimonia Maya, il Temazcal, un bagno di vapore per purificare corpo e anima nel grembo della Madre Terra.

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Com’era la tua vita quotidiana lì?

Da buona italiana, cercavo di rispettare le mie abitudini. Lavoratrice come sempre, non sono mai riuscita a vivere alla giornata. Solo così riuscivo a godermi il giorno libero, come dico sempre, non c’è domenica senza lunedì! Però con qualche differenza dalla vita lavorativa di Milano, eccome! Prima di tutto non avevo l’auto, almeno non nei primi anni, mi muovevo in bicicletta o a piedi. Non dovevo pensare a cosa indossare, nessuno avrebbe mai avuto niente da ridire nel vedermi in ufficio con infradito, pantaloncini e canottiera. Dopo il lavoro, ci si trovava con i colleghi a bere una cerveza e a raccontarci aneddoti sulla giornata lavorativa. Una cena e camminata per la Quinta Avenida. Nel giorno libero si programmava una gita magari in una spiaggia più isolata, meno frequentata da turisti, oppure in qualche cenotes (piccoli laghi sotterranei) per cercare refrigerio dal caldo afoso. Nella semplicità ho trovato il senso della vita.

Come ti sei organizzata prima della partenza?

Ho dato le dimissioni al lavoro e dopo quindici, venti giorni sono partita. Non ero sola, il mio fidanzato era ancora più entusiasta di me. Siamo partiti un po’ all’avventura, senza grandi preparativi. Avevamo un progetto che poi è sfumato, un accordo per una stanza in loco che al nostro arrivo non era disponibile. Insomma, oggi con l’età e l’esperienza, prima di trasferirmi mi prenderei del tempo per capire bene come funziona la vita in quel Paese, le possibilità lavorative, la facilità o meno a ottenere il permesso di soggiorno. Siamo stati sprovveduti, è vero, ma ho tanti amici che da anni desiderano trasferirsi all’estero e non l’hanno ancora fatto per via del fare “infinite” valutazioni.

Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?

Ho vissuto in Messico dal 2000 al 2008, allora il cambio con il “pesos” era ottimo, oggi i prezzi sono aumentati per il turismo che è decollato e per il cambio più sfavorevole di allora. L’unica valutazione da fare è che si può vivere bene solo con l’essenziale, non è necessario possedere tutto ciò che qui in Italia ci sembra indispensabile e, volendo, puoi anche risparmiare sulle vacanze perché sei già in un posto meraviglioso.

E i servizi come sanità, burocrazia e mezzi pubblici?

L’assicurazione sanitaria è indispensabile, è un costo da aggiungere non indifferente, ma gli ospedali privati sono di alto livello. Io dico sempre che ho partorito in un hotel a 4 stelle a Cancun, non riesco proprio a considerarlo un ospedale! La burocrazia è più semplificata rispetto all’Italia (ma noi, si sa, siamo maestri per eccellenza nel complicare anche le cose semplici) e purtroppo facilmente raggirabile. Non essendoci una rete ferroviaria ben strutturata, buona parte dei collegamenti sono per mezzo di autobus. C’è molta scelta, dai servizi base molto folcloristici a confortevoli autobus di lusso.

È facile trovare un alloggio? Quali sono i costi medi?

Essendo una zona molto turistica risulta estremamente facile trovare un alloggio, ma i costi sono alti rispetto al resto del Messico, oserei dire allineati con quelli europei.

È necessario conoscere lo spagnolo prima di partire?

Io ho frequentato un corso in loco di due settimane e posso dire che mi è bastato anche per trovare lavoro. L’italiano è comunque richiesto per lavorare nel turismo, così come l’inglese.

Cosa ti ha spinta, invece, a lasciare il Messico?

I legami familiari. Sono tornata perché ho sentito il bisogno di stare accanto ai miei genitori nella vecchiaia, e nello stesso tempo volevo che mio figlio conoscesse e frequentasse i nonni e gli altri componenti della famiglia. La felicità per me la fanno le persone che ti circondano e che amiamo, non il luogo in cui viviamo.

Molte persone lo reputano un Paese pericoloso, qual è la tua opinione al riguardo?

Purtroppo buona parte delle città del Messico rientrano nella classifica delle città più pericolose del mondo, ma frequentando rotte turistiche i rischi si abbassano notevolmente. A Playa del Carmen c’è interesse a mantenere la soglia della sicurezza molto alta perché l’economia locale è basata sul turismo.

Come sei stata accolta dalla gente del posto?

Senza dubbio l’italiano è ben visto e amato in Messico. Bisogna però fare una considerazione, Playa del Carmen è una cittadina multietnica e la gente locale è abituata ad accogliere e a convivere con persone provenienti da ogni luogo.

Quali sono gli aspetti della vita in Messico che proprio non ti aspettavi (in positivo e in negativo)?

La possibilità di realizzare facilmente qualsiasi progetto di lavoro o di intrattenimento, proprio per il fatto che la burocrazia è snella e si presta a compromessi (non solo illegali). Faccio un esempio, quando abbiamo richiesto il permesso in Comune di poter svolgere un torneo di Beach Volley per strada, chiudendo un incrocio e riempiendolo di sabbia, dopo trattative l’unico vincolo che ci hanno imposto è stato quello di comprare attrezzature sportive per le comunità Maya. L’aspetto negativo era sicuramente il clima, da maggio a settembre l’umidità è insopportabile, per me è stato uno scoglio difficile da superare.

Cos’hai imparato, vivendo lì per 8 anni?

Ho imparato a valorizzare il tempo, a non avere fretta. Non è stato facile arrivare a questo, solo quando ho rallentato la mia corsa e ho rinunciato a riempire il mio tempo di cose inutili, ho imparato a godermi davvero la vita. Penso di essere una persona migliore grazie all’esperienza che ho vissuto, sicuramente mi ha aperto la mente e vivo più intensamente l’oggi senza programmare ogni dettaglio del futuro. Ho imparato che bisogna farsi guidare di più dall’istinto e dalle emozioni.

Hai scritto anche un romanzo che parla proprio della tua esperienza in Messico. Vuoi raccontarci qualcosa al riguardo?

L’idea di scrivere un romanzo è nata proprio al rientro in Italia. Di solito succede che ci accorgiamo di quanto ci manchi un Paese o una persona solo quando ne siamo lontani. A me è successo più o meno questo con il Messico, infatti, al mio rientro in Italia, ho raccolto le pagine di un quadernetto su cui scrivevo tutte le mie emozioni, le persone che incontravo, le esperienze che facevo e le ho trasformate in un romanzo. Inizialmente l’ho fatto per me, per non dimenticare quello spaccato di vita meravigliosa. È rimasto in un cassetto fino al 2020 quando, a causa del lockdown, ho avuto il tempo per rivederlo, ho aggiunto elementi di finzione narrativa per renderlo più intrigante e l’ho fatto editare da una casa editrice interessata alla pubblicazione. Mi piace pensare che, oltre a raccontare le mie esperienze personali in Messico, il lettore possa fare un viaggio con la fantasia in questo meraviglioso Paese, conoscere le sue bellezze naturali e avvicinarsi alla cultura messicana e soprattutto a quella Maya. “La figlia degli Aluxes” è un romanzo d’amore e avventura, ma si parla anche dell’importanza dei legami famigliari e dell’ amicizia. Ci sono passaggi in cui l’avventura si evolve e diventa azione e suspense. C’è anche chi lo ha definito un romanzo di formazione perché in qualche modo è anche un viaggio introspettivo e di crescita

Che consigli daresti a chi sta pianificando il primo viaggio nel Paese?

Di non preoccuparsi, la zona è preparata al turismo e i servizi sono ottimi. In caso di tours, suggerisco di affidarsi alle agenzie di viaggi e di non allontanarsi dalle rotte turistiche. Al turista italiano consiglierei di adeguarsi alle tempistiche dei locali senza arrabbiarsi, dare la mancia perché è un’usanza ben vista a chi ti offre un servizio e portarsi sempre un golfino quando si viaggia in taxi o autobus.

E quali a chi sogna di vivere e lavorare lì?

Consiglierei un periodo sabbatico, concedersi qualche mese da turista per studiare bene il posto e capire realmente quali sono le possibilità di lavoro. Le autorità sono molto rigide rispetto ai permessi di soggiorno, che vengono rilasciati annualmente solo se si dimostra di avere ottenuto un lavoro o di aver fatto un investimento. Insomma, ti chiedono di dimostrare di avere i mezzi economici per sostenerti.

Pensi che tornerai mai a vivere stabilmente in Messico?

Mai dire mai. Se penso al mio futuro non mi vedo in una città come Milano, sento il bisogno di una realtà più a misura d’uomo, di respirare la natura e mi manca tanto il mare. Forse non sarà il Messico, Stefano ed io stiamo ancora cercando quel luogo in cui sentirci a casa, infatti nei nostri viaggi abbiamo sempre la speranza di sentire la folgorazione che abbiamo provato con Playa del Carmen.

Hai qualche progetto per il futuro?

Oltre a scrivere romanzi sul Messico, ho il sogno di aprire un piccolo Bed & Breakfast in qualche località sul mare, con una temperatura mite tutto l’anno e magari tutta la famiglia al seguito.

Per seguire e contattare Monica:

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