Street food, il nuovo fenomeno mondiale
Realizzato in collaborazione con Urban Street Food
Alzi la mano chi non ha mai assaggiato il cibo di strada, meglio conosciuto come street food. Un fenomeno in costante crescita che, lentamente, sta prendendo piede anche in Italia, patria della buona tavola. La vita frenetica e i ritmi incalzanti hanno trasformato anche il momento del pranzo e della cena. E soprattutto nel periodo estivo lo street food rappresenta la giusta soluzione per trascorrere del tempo all’aria aperta, degustando specialità culinarie. Lo street food è sempre esistito, basti pensare che tracce della sua presenza risalgono già all’antica Grecia e al tempo dell’Impero Romano, dove le famiglie povere, che non possedevano forni né focolari, erano costrette a cibarsi per strada, consumando minestre di ceci.
Testimonianze scritte raccontano anche dell’esistenza dello street food nell’antica Cina e al Cairo, dove per strada si consumavano spiedini di agnello e frittelle. Ovviamente, nel corso dei secoli lo street food è cambiato, in base a regioni e culture differenti si è evoluto in modo diverso, ma il concetto di base resta sempre lo stesso: consumare il cibo tra le strade della propria città.
L’Italia risulta essere uno dei pochi Paesi al mondo dove è richiesto un gran numero di permessi e certificazioni per poter avviare la propria attività di street food. Altrove, al contrario, la burocrazia è più snella e più veloce, in parte perché il fenomeno dello street food è largamente diffuso. Basti pensare che in alcuni luoghi, i carretti che vendono cibo da strada diventano quasi un’appendice della propria abitazione, per mezzo della quale poter vendere ciò che si prepara in casa propria, così da racimolare qualche soldino per sopravvivere. Questo accade, ovviamente, in zone povere del mondo, come in Egitto, in India o in Nepal. Al Cairo, ad esempio, ci sono persone che vendono uova sode condite con sale e pepe; o in Nepal riscaldano tazze di the con il burro di yak; mentre, in Tunisia, alcuni pescatori vendono pesce fresco alla griglia; infine, a Istanbul si vendono gigantesche caldarroste.
Ma come fare per avviare un’attività di street food? A tal proposito, bisogna precisare che le norme cambiano da Paese a Paese e che l’Italia è il luogo dove, senza ombra di dubbio, le difficoltà burocratiche sono maggiori. Sarà che lo street food non ci appartiene, non nasce in seno alla nostra cultura, piuttosto è uno stile di vita che abbiamo importato, sarà che nel Bel Paese si preferisce la cucina tradizionale, ma qui tempi e costi per avviare un’attività di tal genere sono esasperanti. Nonostante ciò, molti sono coloro che in barba a difficoltà e tempi biblici, hanno deciso di compiere questo passo, come Carlo Betti, che dopo aver abbandonato il suo lavoro in radio come Dj e dopo una sana gavetta nei ristoranti, ha deciso di dare vita a “Il Furgoncino”.
Insieme alla sua compagna Laura Bonaparte, preparano quotidianamente frittura di pesce: acciughe, pesce spada, tonno, ma anche i panini gourmet per gli amanti della gastronomia di terra, preparati con prodotti locali. Avviare l’attività non è stato facile, come affermato dallo stesso Carlo, che ha dovuto prima di tutto omologare il proprio mezzo, importato da un Paese estero, con conseguenti costi e ritardi. Successivamente, ha dovuto ottenere la certificazione HACCP, che dimostra il rispetto di quanto previsto dalle Leggi in materia di igiene alimentare, sia a carattere nazionale sia a carattere europeo. Inoltre, per poter ottenere l’abilitazione per la somministrazione e vendita di cibi e bevande ha dovuto seguire uno dei corsi organizzati dalle associazioni di categoria.
Fino a qualche tempo fa, erano corsi organizzati dalla Camera di Commercio ad un costo decisamente più basso; oggi, invece, le cose sono cambiate e i costi sono notevolmente aumentati. Infine, per avviare un’attività del genere è indispensabile studiare attentamente le normative regionali che disciplinano la materia dello street food e che presentano differenti declinazioni Comune per Comune. Ci sono, ad esempio, Comuni che non consentono la sosta di un furgoncino per più di un’ora nello stesso posto; altri, invece, non consentono la sosta nei pressi del mare e nelle zone ad alto traffico. Insomma, una vera e propria giungla di norme e regole con cui bisogna fare i conti per non incorrere in cattive sorprese. Ma facciamo una panoramica della situazione in alcuni Paesi nel mondo.
In Costa Rica occorre solo la licenza, anche se si tratta di lavoro ambulante. Ottenerla è semplice e veloce; viene rilasciata dal Comune di appartenenza in tempi stretti. Mentre, se si manipolano cibi, è necessario seguire un corso ed ottenere un permesso anche dal Ministero della Salute.
A Londra, invece, è necessario dare vita ad una società, per poi ottenere il certificato “Food safety level 2”, rilasciato dal Comune di residenza, dopo aver seguito un corso. Se si desidera svolgere la propria attività a Camden Town, Portobello o in mercatini simili, è necessario ottenere una certificazione specifica, “Street trade licence”, dal Comune di appartenenza dei suddetti mercatini. Infine, se con il proprio furgoncino si desidera lavorare ad eventi e serate, non è necessaria alcuna certificazione.
In Turchia, Paese in cui lo street food è molto diffuso, se si desidera vendere semplici panini per le strade della città, non occorre nessun permesso; al contrario, se si intende vendere alcolici all’interno del proprio furgoncino, le pratiche burocratiche diventano più complesse e i tempi si allungano di molto.
Negli Stati Uniti, allo street food è stato persino dedicato un film: “Chef, la ricetta perfetta”, con Jon Favreau, che interpreta il famoso chef Carl Casper, la cui carriera viene improvvisamente stroncata da una recensione negativa, in seguito alla quale decide di aprire un chiosco ambulante di panini cubani. Dalla Florida alla California, i panini di Carl riscuoteranno un grande successo, grazie anche al tam tam sui social network. Una storia cinematografica, ma che racconta l’importante realtà dello street food molto diffusa soprattutto negli States. Qui, la moda dello street food è aumentata notevolmente e non accenna ad arrestarsi. La burocrazia più snella e le abitudini alimentari dei cittadini americani, che consumano il cibo velocemente per le strade della città e con costi bassi, ha portato alla diffusione massiccia di furgoncini e carretti. Negli Stati Uniti esistono numerosi tipi di furgoncini, da quelli che vendono hotdog a quelli in cui si prepara cibo gourmet e piatti sofisticati. Esistono poi di svariate dimensioni, a seconda del tipo di attività che si intende svolgere. Il Department of Business and Professional Regulation (DBPR), il Dipartimento della Sanità e il Dipartimento per l’Agricoltura e Servizi per il consumatore, regolano diverse parti del settore della ristorazione e di vendita al dettaglio. Gli USA sono però formati da 50 Stati e in ognuno di essi vigono delle regole ben precise che vanno rispettate.
Ad esempio, in Florida, per poter avviare un’attività di street food è necessario ottenere la licenza dal DBPR. Se si intende commercializzare solo ed esclusivamente alimenti preconfezionati, però, non è necessaria alcuna licenza. Inoltre, è indispensabile possedere un veicolo omologato e che abbia tutte le caratteristiche necessarie per poter svolgere correttamente e in piena sicurezza il proprio lavoro; cliccando sul seguente link: Veicolo si potranno ottenere tutte le informazioni per quel che riguarda l’omologazione e la revisione del veicolo. In linea generale, però, tutte le informazioni le si possono trovare sul sito del DBPR di riferimento, in base allo Stato o alla città in cui si desidera avviare la propria attività. Ad ogni modo, i veicoli dello street food vengono sottoposti a rigidi controlli almeno una volta l’anno, al fine di esaminare tutti gli aspetti: dalla licenza all’omologazione del veicolo.
Nella vicina Malta, la situazione è più delicata. Qui, infatti, è indispensabile inoltrare la propria domanda al Trade Licensing Unit, poiché non è possibile sostare con il proprio furgoncino in qualsiasi zona e specialmente nei pressi delle spiagge. Inoltre bisogna mantenere una distanza minima di 50 metri dagli esercizi commerciali. Una curiosità: i maltesi hanno la precedenza rispetto agli stranieri, infatti quasi il 90% delle licenze è maltese.
In Germania, la normativa è più rigida. Infatti, è bene sapere che ci sono dei luoghi specifici dove poter svolgere la propria attività ambulante, come mercatini, fiere e sagre. Qui, per poter vendere cibi e bevande analcoliche è necessario:
- un certificato di registrazione commerciale (disponibile presso l’ufficio di tutela dei consumatori)
- un certificato di esenzione da parte delle autorità fiscali
- la certificazione sulla sicurezza alimentare Protection Act, rilasciata dal dipartimento sanitario locale
- un opuscolo sulle vendite
Al contrario, se si desidera vendere sulla pubblica via, è indispensabile ottenere un permesso speciale, da richiedere presso l’ufficio distrettuale (dipartimento di ingegneria civile e / o agenzia di protezione dei consumatori); e la certificazione sulla sicurezza alimentare, rilasciata dal dipartimento sanitario locale. Infine, se si tratta di vendita a breve termine, legata ad una fiera o a un particolare evento, la normativa vigente è meno restrittiva. Cliccando sul seguente link è possibile ottenere informazioni più precise relative alla sola città di Francoforte.
Ancora, in Svizzera è necessario richiedere l’autorizzazione al Cantone di appartenenza, perché la normativa può variare da zona a zona. Cliccando sul seguente link, si potranno ottenere maggiori informazioni in merito e scaricare e compilare i moduli per ottenere l’autorizzazione.
Allontanandoci un po’, arriviamo in Messico, dove la legislazione che regola queste attività come molte altre è in continuo divenire; questo in seguito alla costante crescita economica che interessa il Paese e che porta a continui mutamente normativi che interessano i vari settori economici, tra cui anche quello dello street food. Tacos, tortillas, papas, frijoles non attraggono solo i messicani, ma anche i turisti che visitano il Paese e che, passeggiando tra le strade della città, si imbattono nei furgoncini dello street food, qui chiamato “comida corrida”. Ogni venditore ambulante, deve registrarsi al Sat, paragonabile al fisco italiano, per poter pagare le tasse da contribuente indipendente o da società. Una volta ottenuta la “clabe de registro de contribuente”, può iniziare la propria attività, ma intanto è necessario ottenere i seguenti permessi:
- carta de salud, da richiedere con esame del sangue per mostrare la totale assenza di malattie infettive
- licencia estatal
- licencia municipal
- il permesso di salubredad
- il permesso di ayuntamento
Anche in Spagna, infine, esistono delle normative che regolano il mercato dello street food. Ci sono infatti delle zone in cui l’attività è limitata a determinati eventi, altre città invece danno maggiori possibilità. In generale, però, è da tenere bene a mente che se i prodotti preconfezionati sono commercializzati, la licenza è necessaria. Inoltre, è essenziale disporre di un sistema di identificazione di lotti e fornitori. La struttura, i processi di fabbricazione e la vendita devono essere conformi alle norme igienico-sanitarie. Tra i requisiti di legge, il proprietario del furgoncino deve avere la patente di manipolazione degli alimenti, essere iscritto al IAE ed essere a conoscenza del pagamento delle imposte comunali.
In ogni caso, se si desidera avviare un’attività di street food in un Paese estero, è bene prima di tutto condurre una ricerca di mercato, al fine di capire se quell’idea può avere o meno successo e se ci sia una reale domanda. Inoltre, è consigliabile fare un calcolo degli investimenti e dei possibili guadagni derivanti, tenendo presente gli eventuali rischi.
Un libro consigliato sullo Street Food nel Mondo
A cura di Nicole Cascione