The Ballad of the Expat: Stefano Virgili

A cura di Nicole Cascione

“Vivo in mezzo alla musica da quando avevo 8 anni, adesso che mi avvicino ai 40, mi sono detto, ho voglia di raccontare la nostra storia, una storia in cui tutti gli expat del mondo, indipendentemente dalla nazionalità e dalla destinazione scelta, possano ritrovarsi in qualche modo”. Nasce così “The ballad of the expat”, l’album di debutto di 4 tracce (in inglese) di Stefano Virgili, album composto pensando alla propria esperienza come expat, ma anche a quella di migliaia di altri expat che, come lui e la sua famiglia, hanno lasciato la propria terra in cerca di fortuna. Ecco cosa ci ha raccontato.

The Ballad of the Expat: il Viaggio Musicale e personale di Stefano Virgili nel piccolo paesino costiero di Dunoon, nella regione dell’Argyll (West Coast scozzese)

Stefano, la tua prima intervista per noi di Voglio Vivere Così risale a dieci anni fa. Tra le tante cose che sono cambiate in questi anni, c’è il vostro trasferimento nell’Argyll, dove avete comprato una “vecchia e polverosa tudor house sul mare”. Oltre questo, quali sono gli altri cambiamenti avvenuti in questi anni?

In quasi una decade, di cambiamenti ce ne sono stati veramente tanti. Ma tanti sarebbe riduttivo. Diciamo che, in quasi 120 mesi, non ce n’è stato uno in cui non sia successo qualcosa degno di nota. Solo per farti un velocissimo esempio, rispetto a quando ci siamo parlati l’ultima volta abbiamo: ingrandito la famiglia, da una figlia, Alessia, che ha quasi 10 anni, a due, grazie all’aggiunta di quel mattacchione di Valerio che di anni ne ha quasi 4. Ho cambiato una marea di lavori, spostandomi gradualmente di lavoro in lavoro, ogni volta che l’occasione migliore si presentava. Proprio grazie al lavoro sempre migliore e al fatto che sono riuscito a raggiungere l’obiettivo di lavorare al 100% da remoto, abbiamo deciso di fare il grande passo e prendere una vecchissima Tudor house del 1890, nel piccolo paesino costiero di Dunoon, nella regione dell’Argyll, sulla west coast scozzese.

La casa che abbiamo preso era un ex bed and breakfast ormai ridotto in condizioni pietose. Ridotto talmente male che per quasi 3 mesi, siamo stati costretti a vivere tutti insieme, nell’unica stanza “decente” che c’era, tenendo le coperte attaccate alle mostre delle porte, per parare gli spifferi gelidi che venivano da sotto al pavimento sconnesso quando non completamente assente. Avevamo persino sparso qua e là all’ultimo piano alcune bacinelle, per raccogliere l’acqua che, durante le giornate di pioggia, entrava dal tetto. Roba che a confronto la torre del Mago Merlino de “La spada nella roccia” era la reggia di Caserta.

Ci siamo trasferiti in questa casa che Valerio aveva 3 mesi e da quell’ormai lontano dicembre 2020, in pieno lockdown, non è stato altro che un alternarsi di: lavoro, ristrutturazione, bambini, lavoro, ristrutturazione, bambini. Il tutto senza soluzione di continuità, 7 giorni su 7, festivi compresi. Complice il fatto che abbiamo deciso di fare tutto da noi (anche perché altrimenti non era economicamente possibile), il nostro non è di certo stato un percorso semplice ma oggi, che iniziamo a vedere la luce alla fine del tunnel, possiamo decisamente dire che tutta la fatica spesa per portare avanti questo progetto, sta finalmente dando i suoi frutti. Se siete curiosi e volete buttare un occhio sulla titanica impresa su cui ci siamo imbarcati, potete farlo seguendo Federica su Instagram sulla sua pagina my.scottish.home.

The Ballad of the Expat: Stefano Virgili

Non solo da un punto di vista economico (la casa, come è lecito aspettarsi è cresciuta esponenzialmente di valore), ma specialmente da quello umano. I nostri bambini stanno appunto crescendo a Dunoon, che è un piccolo paese adagiato su una penisola dell’Argyll: la penisola Cowal, un fantastico angolo di paradiso la cui estremità volge all’isola di Bute, più nello specifico la cittadina di Rothesay e, ancor più in là, il “Goatfell” un monte famosissimo che svetta sulla verde e magica Isola di Arran.

Il grandissimo vantaggio del vivere in un paese come Dunoon è che, nonostante siamo comunque collegati con la terraferma (via terra si può arrivare a Glasgow in un’ora e tre quarti di macchina), il tratto più breve per raggiungere le cittadine più vicine (Greenock, Port Glasgow, ma anche Glasgow stessa) è via traghetto. Una breve traversata di una ventina di minuti che separa (ma non troppo) il paese dalla terraferma, rendendo così la comunità di Dunoon “isolata al punto giusto”. Al punto giusto, perché comunque non è eccessivamente isolata quindi se uno ha necessità di qualcosa di particolare può comunque saltare sul primo ferry (ne parte uno ogni 20 minuti) ma, allo stesso tempo, essere isolati a sufficienza da restare una comunità coesa e comunque tranquilla.

Nella tua vecchia intervista ti presentavi come musicista e appassionato di fotografia. E da musicista quale sei, nel corso degli ultimi 12 mesi, tra un impegno e l’altro, sei riuscito ad ultimare il tuo album di debutto “The ballad of the expat”. Ce ne parli?

Sembrerà una banalità, ma bisogna partire dal fatto che la vita da expat non è una vita semplice. Indipendentemente dal livello di successo e di felicità raggiunto, è comunque una vita fatta di compromessi, difficoltà, ma anche soddisfazioni e crescita personale. E anche un filo di pazzia che non guasta mai. Essendo stato in mezzo alla musica da quando avevo 8 anni, adesso che mi avvicino ai 40, mi sono detto, ho voglia di raccontare la nostra storia, una storia in cui tutti gli expat del mondo, indipendentemente dalla nazionalità e dalla destinazione scelta, possano ritrovarsi in qualche modo. Da questa semplice idea è nato “The ballad of the expat”, un mini concept album autoprodotto di 4 tracce che, oltre ad essere il mio debutto come “Scottish artist”, è anche un diario che racconta gli aspetti più intimi dell’essere expat.

STEFANO VIRGILI

Nelle quattro tracce dell’album racconti la tua vita da Expat. Quale il messaggio che vorresti trasmettere?

Ogni brano rappresenta un momento particolare della vita di un expat e ogni brano vuole trasmettere un messaggio diverso. L’album inizia con “Free fall”, brano che tratta l’incertezza per il futuro e la necessità di fare il cosiddetto “Salto nel vuoto”. Perché effettivamente, fare i bagagli e partire alla ricerca della fortuna non è mai una strada semplice e battuta e ci si sente indubbiamente come se si stesse cadendo nel vuoto, appunto in una “free fall”, ovvero in caduta libera.

Il secondo brano, la title track “The ballad of the expat”, è il pezzo più intimo di tutto l’album e qui ho voluto rappresentare tutte le difficoltà che, come famiglia, abbiamo dovuto affrontare, tra cui il tema della solitudine, della mancanza degli affetti, l’ansia e la paura dell’ignoto. Questo è forse il brano in cui la maggior parte degli expat può riconoscersi. C’è un passaggio in particolare che mi sta particolarmente a cuore:

“In the land of distant dreams, my hands a new ground touch. Incredible if you think about it, crazy if you think too much” che tradotto nella lingua di Dante diverrebbe “Nel luogo dei sogni lontani, le mie mani toccano una nuova terra. Incredibile se ci pensi, diventi pazzo se ci stai troppo a pensare”.

Qui ho voluto trattare quel momento particolare in cui si è in bilico fra l’eccitazione dell’essersi messi in gioco e allo stesso tempo la profonda sensazione di ansia e angoscia dovuta appunto all’essere stranieri in terra straniera, con tutte le difficoltà che questo comporta.

Il terzo brano, “The end of the tunnel” è composto da 12 steps, i nostri personalissimi 12 passi che abbiamo intrapreso (e ripetuto fino quasi allo sfinimento) per andare avanti, progredire ed arrivare dove siamo oggi, respirando l’aria carica di salsedine mentre i bambini giocano in giardino e ripensando che, meno di dieci anni fa, io lasciavo l’Italia per la Scozia, senza un lavoro, un alloggio e con soli 200 euro in tasca, lasciando a casa una bimba di 7 mesi, e finendo a dormire, per più 3 mesi in un ostello, stipati in camere piccolissime che a confronto un carro bestiame era l’Hilton.

Chiunque decide di diventare un expat deve mettere in conto che i primi anni sono durissimi. Difficili oltre ogni misura, ma che se si ha la volontà di perseverare e non mollare mai, è veramente possibile sperare in un futuro migliore. Indipendentemente da dove uno si trovi. Per quanto riguarda la nostra esperienza, sicuramente di acqua ne è passata sotto i ponti e, nonostante tutte le difficoltà, oggi stiamo raccogliendo i frutti di tanto duro lavoro. Stiamo, appunto, iniziando a vedere “The end of the tunnel”, la fine del tunnel.

L’ultimo brano, “For Scotland” è il mio personalissimo “Grazie” alla nazione che ci ha accolto e che ci ha dato tantissime opportunità. Una nazione che nulla ci ha regalato, ma che ci ha permesso di dare il massimo e fatto sì che questo massimo poi abbia dato i suoi frutti. Una nazione dove la perseveranza, la fatica e la dedizione, hanno portato frutti dolci e in parte insperati.

La Scozia per noi non è solo una terra di opportunità ma anche una terra magica, verde, meravigliosa e incontaminata, dove per strada ancora ci si saluta con un sorriso, anche se non ci si conosce. Dove, a distanza di quasi una decade, ancora non sono sicuro se quando i locali ti chiedono “how are you?”, si aspettano che gli rispondi. Una terra fatta di nuvole basse e veloci, che fanno da corona a quei monti brulli e quelle colline cariche d’edera che, in primavera, si tingono di un violetto che sembra tratto da una fiaba per bambini. Una terra dove puoi andare a fare la spesa e lasciare la porta aperta.

Dove puoi far giocare i bambini in strada. Una terra meravigliosamente imperfetta, dove puoi provare sulla pelle tutte e quattro le stagioni in un giorno solo. Questo ovviamente non si applica a tutta la Scozia ma, almeno nelle zone rurali, questo tipo di vita è ancora una realtà e sono più che felice di aver dato ai miei figli la possibilità di crescere in questo modo, magari passando interi pomeriggi in spiaggia a caccia di anguille, granchi, pesciolini e tanti altri animaletti che (prima che gli animalisti prendano i forconi), vengono immediatamente rilasciati. E le conchiglie. Ho casa invasa da conchiglie di tutte le forme e colori! Aiutatemi!

The Ballad of the Expat: il Viaggio Musicale e personale di Stefano Virgili nel piccolo paesino costiero di Dunoon, nella regione dell’Argyll (West Coast scozzese)

Permettimi di citare un passo di For Scotland, che penso rappresenti al meglio il senso di profonda gratitudine che provo nei confronti della cara e vecchia Caledonia, come veniva chiamata la Scozia dagli antichi Romani:

Non è stato facile ma sono qui adesso, mi sto costruendo il futuro ogni volta che ne ho l’occasione, non è stato facile ma sono qui adesso, e ancora faccio fatica a crederci”

[It wasn’t easy but I’m here now. I’m building my own future every chance I get. It wasn’t easy but I’m here now. And I still can’t believe]

Lasciami quindi dire che “The ballad of the expat” è il mio personalissimo messaggio di speranza, dedicato a tutti gli expat del mondo. Perché, citando un passaggio della title track, “La speranza non ha una terra natìa, anche se a volte ci sembra di fare un passo indietro”.

[Hope has no hometown, even though it looks like, it looks like a setback]

Il mio personalissimo “Ad majora” a tutti gli expat sparsi per il mondo, indipendentemente dalla nazionalità e dalla destinazione scelta. Buona fortuna e buon viaggio. Ovunque questo vi porti.

Quando sarà ufficialmente lanciato e dove sarà possibile acquistarlo?

L’album sarà disponibile su tutte le piattaforme (Spotify, Amazon music, Apple music, Youtube music, ecc) a partire da venerdì 10 maggio e in pre-save dal 12 Aprile. Inoltre è possibile già acquistare il disco in formato fisico sul mio sito www.stefanovirgili.com. Le copie acquistate sul mio sito verranno firmate e spedite in tutta Europa a partire dal primo maggio.

Quali sono i tuoi progetti futuri? In che modo vorresti far crescere questo progetto musicale?

Al momento sto lavorando molto sull’ambiente radiofonico britannico e specialmente quello scozzese per portare attenzione intorno al progetto. Essendo un album completamente autoprodotto, mi sto personalmente occupando anche della promozione che, ammetto, è la parte più difficile e complicata dell’intero progetto. Con decine di migliaia di brani pubblicati ogni giorno, dare risalto al proprio progetto è un’impresa titanica. I social mi stanno aiutando molto, ma sto lavorando tantissimo anche a livello locale, parlando con radio e giornalisti a cui potrebbe interessare la nostra storia. Anzi, se qualcuno dei lettori di questo articolo fosse interessato a fare due chiacchiere, io sono qui!

Nel corso delle ultime settimane non mi sono risparmiato dal contattare radio, giornalisti musicali e blogger, oltre che creare contenuti sulle mie pagine Social (mi trovate come “StefanoVirgiliMusic” su FacebookInstragram e Tik Tok), ma l’idea a lungo termine, magari nei prossimi due/tre anni, sarebbe quella di creare un “The long ballad of the expat” ovvero un album completo di almeno 8/10 brani, in cui vorrei andare a descrivere dettagli ed esperienze che, per via delle sole 4 tracce di questo mio album di debutto, non sono riuscito a fare. Mi piacerebbe anche lavorare ad una versione acustica, solo piano e voce, per poter presentare l’album in versione “unplugged” live, in giro per il Regno Unito. Chissà, come dicono in terra d’Albione, “Sky is the limit”.

Io vi aspetto sulle mie pagine social per fare due chiacchiere e mi raccomando, non dimenticatevi il 12 aprile di fare un salto su Spotify e salvare “The ballad of the expat”! Non solo così facendo, il 10 maggio, giorno dell’uscita dell’album sarete notificati della sua uscita, ma direte al brutto e cattivo algoritmo di Spotify, che il mio album vi interessa e magari lo suggerirà anche ad altri! In altre parole, parafrasando lo slogan della catena di supermercati Tesco, “every little helps”, ovvero ogni cosa, seppur piccola, può aiutare quindi grazie in anticipo!

Lasciatemi quindi ringraziare la redazione di Voglio Vivere Cosí per avermi dato di nuovo la possibilità di fare due chiacchiere, e presentare la nostra storia, la nostra personalissima danza sulle note della ballata dell’espatriato.

Buon ascolto!Ad majora.

Ste