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Una proposta di lavoro in Botswana ci ha cambiato la vita in 15 giorni

italiani in botswana

Vera e la sua vita in Botswana

Due conviventi di 29 anni che abitavano a Bologna in un appartamento di 50mt quadri e che hanno visto la propria vita stravolta in soli 15 giorni. Una proposta di lavoro in Botswana, un matrimonio organizzato in sole due settimane e due biglietti di sola andata per un Paese africano. Da Gennaio è iniziata la nuova vita di Vera e di suo marito geologo a Botswana, vita raccontata nel blog “Ragni serpenti, scorpioni & zanzare”, un diario virtuale nato per soddisfare la grande curiosità di amici e parenti su questa nuova vita in un posto poco conosciuto dagli italiani. Un blog in cui viene raccontata la quotidianità di Vera e di suo marito, pronti ad affrontare “gruppi di babbuini, elefanti che attraversano la strada, serpenti mortali, ma anche la lentezza della burocrazia africana, i barbecue locali dove si può trovare ad arrostire uno struzzo, e soprattutto la grande semplicità della nostra nuova vita, senza cinema, discoteche e ristoranti”.

Vera, quando ha avuto inizio la tua vita in Botswana?

A Novembre 2014 mio marito ha ricevuto la proposta di lavoro in Botswana da parte dell’Università di Scienze e Tecnologia (BIUST); ci hanno dato 14 giorni per decidere. In quel momento eravamo due conviventi di 29 anni, che abitavano a Bologna in un appartamento di 50mt quadri. A me la vita in città è sempre andata stretta e per Fulvio l’Africa è stata sempre il più grande sogno. Così in 14 giorni ho organizzato il nostro matrimonio, comprato i biglietti di sola andata e inscatolato tutte le nostre cose. All’inizio di Gennaio eravamo già in qui in Botswana.

Cosa significa essere moglie di un geologo?

Essere la moglie di un geologo significa farsi pilotare verso vacanze estive alla ricerca di rocce e affioramenti in Turchia, decidere di fare un mini viaggio di nozze al Capo di Buona Speranza e ritrovarsi la macchina fotografica piena di immagini di pareti rocciose a picco sull’Oceano anziché di tramonti o cocktail con l’ombrellino. Ma soprattutto per me significa avventura, continua voglia di ricerca, sperimentazione, un lavoro che Fulvio fa soprattutto su se stesso e che porta entrambi a migliorare e a crescere.

Quale sono state le tue prime impressioni all’arrivo in Botswana?

Sono rimasta colpita dall’immensità del cielo, dalla linea dell’orizzonte che in Italia è impossibile vedere così continua e ininterrotta, dalla grande varietà di vegetazione che ho trovato (mi immaginavo una savana arida, gialla e polverosa), dalle grandi mandrie di bestiame che pascolano libere ai bordi delle strade. L’Africa ti colpisce in molti modi diversi, ma il podio lo vince sempre la natura.

Come affronti il problema della lingua?

La lingua ufficiale del Botswana è l’inglese, con la quale me la cavo anche se con qualche difficoltà, ma la più parlata è sicuramente lo tswana. Sto cercando di impararlo studiandolo online e abbiamo appena proposto al BIUST di inserire un corso di tswana per tutti i dipendenti e le loro famiglie.

Ti è mai capitato di essere stata discriminata in quanto occidentale e donna?

I bianchi in Botswana costituiscono il 14% della popolazione, perciò vivere in un villaggio, che fino a pochi anni fa era considerato rurale, essere bionda e moglie di un uomo con barba e baffi, non mi aiuta a passare inosservata. La comunità universitaria si sta ampliando e arrivano professori da tutte le parti del mondo: Danimarca, Stati Uniti, Germania, Namibia, ed è molto curioso incontrare gente che viene da così lontano, seduta a bere una limonata al campeggio (uno dei pochi luoghi di svago) di un piccolo paese. Sinceramente io mi sento più osservata che discriminata. La gente del Botswana è molto diretta e nessuno si vergogna di nulla. Le donne spesso mi chiedono se ho un fratello o un amico da portare qui per farglielo sposare, anche mentre sto facendo la spesa.

Qual è il maggior pregio e il peggior difetto della vita in Botswana?

La mia vita in Botswana mi piace perché non esiste il traffico, il maltempo, il “oddio cosa mi metto?”, la parrucchiera. Ho tutto lo spazio del mondo e vedo animali in continuazione. La cosa scomoda è la lontananza dalle due uniche città di tutto lo Stato, unici posti dove poter trovare un po’ di intrattenimento, qualche festival musicale di tanto in tanto o dove poter comprare una moka, per esempio. Nel villaggio dove vivo (Pahalpye) si trova tutto ciò che è necessario, ma non è pensabile di poter trovare una pizzeria, un’estetista, un negozio di libri. Per farlo bisogna guidare per tre ore e mezza.

Come si svolge una tua giornata tipo?

La mia giornata inizia molto presto, perché il sole in Africa è proprio invadente. Tre mattine a settimana con un’amica tedesca faccio volontariato in un asilo (The House of hope), aspetto mio marito (che a lavoro ci va a piedi) per pranzare con lui, poi mi dedico al giardino e alla casa. Durante la settimana capita spesso di trovarci in casa di colleghi dell’università per bere un aperitivo insieme e chiacchierare, mentre il sole tramonta, seduti in giardino. Le occasioni mondane qui sono praticamente nulle e quando vogliamo “strafare” andiamo alla piscina dell’hotel per rinfrescarci. Lì si può anche cenare e trovare una buonissima carne di kudu alla piastra. Il fine settimana è quasi sempre dedicato alle gite esplorative, materiale per il mio blog: http://ragniserpentiscorpioniezanzare.blogspot.com

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A proposito del tuo blog Ragni serpenti,scorpioni & zanzare quali sono gli argomenti trattati e con quale finalità l’hai aperto?

Il blog è nato per soddisfare la grande curiosità di amici e parenti su questa mia nuova vita. Il Botswana non è una meta molto conosciuta dagli italiani e quindi mi piace raccontare la quotidianità della nostra coppia, pronta ad affrontare gruppi di babbuini, elefanti che attraversano la strada, serpenti mortali, ma anche la lentezza della burocrazia africana, i barbecue locali, dove si può trovare ad arrostire uno struzzo, e soprattutto la grande semplicità della nostra nuova vita, senza cinema, discoteche e ristoranti.

Qual è l’aspetto che più ti ha colpito del popolo africano?

Una cosa che mi ha incuriosita da subito è lo strano modo di stringersi la mano che hanno qui. Considerano poco rispettoso il modo in cui noi lo facciamo, perché lasciamo “penzolare” la mano che non usiamo. Loro stringono la mano con la destra e la mano sinistra la appoggiano al gomito. Usano questo metodo anche quando devono passarsi dei soldi o qualsiasi oggetto.

Cosa significa per te vivere in un Paese così distante dal nostro in cultura e tradizioni?

Il Botswana cambia molto i tuoi ritmi: qui tutto è lento, le mucche quando devono attraversarti la strada, il servizio al bar, la burocrazia, i tassisti. Però poi alla fine le cose succedono, con quello che qui chiamano “il tempo Africano”.

Contatti : veradisera@hotmail.it

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Nicole Cascione

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